MA NON TUTTI USANO I SOCIAL
Facebook va maneggiato con grande attenzione. Non tutte le persone infatti sono presenti sulla piattaforma. Il rischio quindi è di creare una pericolosa esclusione.
Mi fa piacere che il mio editoriale abbia portato a un’ulteriore riflessione sul tema relativo a social media e informazioni sanitarie. Concordo sul fatto che non si possa ignorare la rilevanza, in ogni campo, dei social network come strumento attraverso cui ci si informa. Continuo però a ritenere che vi siano molti aspetti su cui fare attenzione. Alcuni li ho evidenziati nell’editoriale di venerdì scorso. Ne aggiungo un altro. Non tutte le persone frequentano Facebook. Alcune non possono, per limiti economici o di formazione. Altre, semplicemente, non vogliono, preferendo, sia per i contatti personali sia per l’informazione, strumenti alternativi, ritenendo Facebook una piattaforma poco utile, poco trasparente, oppure addirittura dannosa. Sono scelte personali.
Nel momento in cui Facebook o altri social media diventano i depositari principali di informazioni importanti della vita di ognuno di noi, ci può essere un fenomeno di esclusione e di asimmetria informativa, a meno di sottintendere un obbligo di essere iscritti. Se invece quanto si diffonde è semplicemente ciò che si pubblica altrove, la questione è diversa. Ci può essere poi un ulteriore ostacolo, serio. Ossia informazioni appiattite senza che, nella percezione comune, sia riconosciuta (e tanto meno verificata) la serietà della fonte: «L’ha detto Facebook».
Se quindi si tratta di prendere in considerazione l’uso delle diverse piattaforme, non posso non essere d’accordo. Così come condivido sull’attività di contrasto delle fake news. Ma il fatto che sei utenti su dieci si informino tramite Facebook, soggetto privato il cui interesse (legittimo) è di avere sempre più membri e pertanto sempre più dati, senza che vi sia un reale controllo da parte degli utenti, è qualcosa di più di una constatazione: è un problema da non sottovalutare. L’abbiamo visto nella comunicazione politica e nella manipolazione della stessa.
Quando, citando Roberto Burioni, si parla di medici che possono diffondere notizie positive e utili, occorre però ricordare che medici diversi, anche su argomenti molto sensibili (dalla lotta ai tumori, alle diete, alle medicine alternative) possono veicolare notizie contrastanti. Ne abbiamo avuto esempi.
In tale contesto, insomma, il rischio è di creare confusione e di privilegiare chi, sui social network, sappia esporre le proprie idee in modo più accattivante e ampliare il suo pubblico. Ci sarà un controllo su tutto ciò? Ed eventualmente da parte di chi?
La formazione dei medici all’uso dei social media è un lato della medaglia. L’altro è l’educazione dei fruitori con lo sviluppo di uno spirito critico che consenta di «scegliere» e «valutare» le diverse informazioni. Altrimenti i rischi di banalizzazione, informazione mordi e fuggi e soggezione a meccanismi non trasparenti sono forti.
Il mio editoriale, dunque, voleva unicamente sollevare tali aspetti, suggerendo cautela all’uso di Facebook per scopi pubblici. Affinché la strada tracciata — l’uso dei social network — non sia semplicemente una resa e non porti a conseguenze non volute.