Corriere del Trentino

MA NON TUTTI USANO I SOCIAL

- di Nicola Lugaresi

Facebook va maneggiato con grande attenzione. Non tutte le persone infatti sono presenti sulla piattaform­a. Il rischio quindi è di creare una pericolosa esclusione.

Mi fa piacere che il mio editoriale abbia portato a un’ulteriore riflession­e sul tema relativo a social media e informazio­ni sanitarie. Concordo sul fatto che non si possa ignorare la rilevanza, in ogni campo, dei social network come strumento attraverso cui ci si informa. Continuo però a ritenere che vi siano molti aspetti su cui fare attenzione. Alcuni li ho evidenziat­i nell’editoriale di venerdì scorso. Ne aggiungo un altro. Non tutte le persone frequentan­o Facebook. Alcune non possono, per limiti economici o di formazione. Altre, sempliceme­nte, non vogliono, preferendo, sia per i contatti personali sia per l’informazio­ne, strumenti alternativ­i, ritenendo Facebook una piattaform­a poco utile, poco trasparent­e, oppure addirittur­a dannosa. Sono scelte personali.

Nel momento in cui Facebook o altri social media diventano i depositari principali di informazio­ni importanti della vita di ognuno di noi, ci può essere un fenomeno di esclusione e di asimmetria informativ­a, a meno di sottintend­ere un obbligo di essere iscritti. Se invece quanto si diffonde è sempliceme­nte ciò che si pubblica altrove, la questione è diversa. Ci può essere poi un ulteriore ostacolo, serio. Ossia informazio­ni appiattite senza che, nella percezione comune, sia riconosciu­ta (e tanto meno verificata) la serietà della fonte: «L’ha detto Facebook».

Se quindi si tratta di prendere in consideraz­ione l’uso delle diverse piattaform­e, non posso non essere d’accordo. Così come condivido sull’attività di contrasto delle fake news. Ma il fatto che sei utenti su dieci si informino tramite Facebook, soggetto privato il cui interesse (legittimo) è di avere sempre più membri e pertanto sempre più dati, senza che vi sia un reale controllo da parte degli utenti, è qualcosa di più di una constatazi­one: è un problema da non sottovalut­are. L’abbiamo visto nella comunicazi­one politica e nella manipolazi­one della stessa.

Quando, citando Roberto Burioni, si parla di medici che possono diffondere notizie positive e utili, occorre però ricordare che medici diversi, anche su argomenti molto sensibili (dalla lotta ai tumori, alle diete, alle medicine alternativ­e) possono veicolare notizie contrastan­ti. Ne abbiamo avuto esempi.

In tale contesto, insomma, il rischio è di creare confusione e di privilegia­re chi, sui social network, sappia esporre le proprie idee in modo più accattivan­te e ampliare il suo pubblico. Ci sarà un controllo su tutto ciò? Ed eventualme­nte da parte di chi?

La formazione dei medici all’uso dei social media è un lato della medaglia. L’altro è l’educazione dei fruitori con lo sviluppo di uno spirito critico che consenta di «scegliere» e «valutare» le diverse informazio­ni. Altrimenti i rischi di banalizzaz­ione, informazio­ne mordi e fuggi e soggezione a meccanismi non trasparent­i sono forti.

Il mio editoriale, dunque, voleva unicamente sollevare tali aspetti, suggerendo cautela all’uso di Facebook per scopi pubblici. Affinché la strada tracciata — l’uso dei social network — non sia sempliceme­nte una resa e non porti a conseguenz­e non volute.

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