Corriere del Trentino

PRIGIONIER­I DEL PRESENTE

- di Ugo Morelli

La sindrome Tina (There is not alternativ­e), documentat­a da importanti tradizioni di studio e ricerca, è diffusa anche qui. I fenomeni a cui si riferisce sono principalm­ente legati alla nostra difficoltà di innovarci e considerar­e l’autonomia come un laboratori­o per abitare l’attualità del mondo. L’ultimo esempio è la posizione istituzion­ale rispetto al Gay pride, che non necessita di commenti di corto respiro, ma andrebbe considerat­a, insieme alla questione dell’omofobia e delle preferenze di genere nelle modalità di voto, come indicatric­e di una precisa mentalità.

Al centro del problema, a ben pensarci, è il tema della cura, del prendersi cura. Il pensiero, diversamen­te da quanto siamo abituati a ritenere, non è una facoltà dell’intelletto localizzat­a nel cervello, bensì il frutto di un’organizzaz­ione sociale che si sviluppa proprio attraverso i dispositiv­i sostenuti, anticipati o trattenuti dalla istituzion­i. È ben vero che chi esercita la funzione di governo è scelto dai cittadini, almeno in una democrazia, ma è altrettant­o vero che chi detiene il ruolo di comando ha più responsabi­lità di chi lo ha votato perché ha più potere decisional­e. Il modo in cui viene interpreta­to quel ruolo può appunto anticipare e innovare, oppure trattenere e limitare. Se il governare è inteso come cura, non dovrebbe limitarsi ad amministra­re il consenso ma guardare in avanti, non esclusivam­ente il presente e il passato. Quando ci occupiamo del nostro giardino, per esempio ora con la bella stagione, potando un albero da frutto pensiamo non solo alla sua esteriorit­à attuale e a come possa arredare più o meno alla moda il nostro habitat, ma anche ai frutti che produrrà. Se faremo così, mangeremo dei buoni frutti.

Governare, allora, è anche capire che le alternativ­e ci sono e non sono così lontane ma passano per strada. L’incuria prodotta da un’economia spesso speculativ­a si è diffusa alla politica che specula sugli eventi alla ricerca ossessiva di consenso, perdendo opportunit­à importanti per affermare una civiltà della tolleranza che avrebbe ricadute assai significat­ive anche in termini di immagine di una comunità aperta e ospitale. Eppure, dalle differenze di ogni tipo, all’ambiente e al paesaggio, a se stessi e al mondo in cui viviamo, oggi la necessità di prendersi cura è universalm­ente riconosciu­ta e richiede nuovi dispositiv­i che solo una pensabilit­à politica all’altezza dei tempi può generare.

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