Per le biciclette elettriche truccate confisca e multa fino a 6.000 euro
La normativa europea impone un limite di 250 watt, ma c’è chi non si accontenta
TRENTO Alla crescita, negli ultimi anni, della vendita di biciclette a pedalata assistita si accompagna un andamento analogo dei trucchi per modificare la velocità del mezzo oltre i limiti concessi dalla normativa europea. Con pericoli annessi. E anche se «dopare» la bici può costare caro, è ancora problematico cogliere chi compie un’infrazione di questo tipo.
Il motore elettrico può essere applicato alle bici per assistere la pedalata e per superare pendii che altrimenti sarebbero difficilmente affrontabili anche dagli sportivi più affezionati alla salita. Si alimenta pedalando e, una volta raggiunta la potenza di 250 watt — la massima concessa dalla normativa europea, equivalente a una velocità di 25 chilometri orari — si interrompe; il resto lo fa la forza messa sui pedali dal ciclista. Ma c’è chi «dopa» il mezzo, storpiandone con il funzionamento la funzione stessa. «Aumentando la potenza della batteria si vuole sostituire la pedalata, e non integrarla» spiega il comandante della polizia locale di Trento, Lino Giacomoni.
Le biciclette a pedalata assistita che vengono manomesse possono raggiungere le stesse caratteristiche di un ciclomotore e, pertanto, per circolare avrebbero bisogno di una serie di precauzioni e permessi. Per questo le sanzioni connesse alla manomissione dei motori elettrici delle bici «equivalgono a quelle per guida di un ciclomotore senza patente, carta di circolazione, targa, assicurazione e casco». Vale a dire confisca del mezzo e multa fino a 6.000 euro.
La difficoltà nell’evidenziare tempestivamente queste infrazioni però è grande, dato che la modifica della potenza della batteria non è visibile e una velocità maggiore a 25 chilometri all’ora potrebbe essere dovuta alla potenza messa dal ciclista sui pedali. «Solo qualora venga posizionato un acceleratore sul manubrio possiamo avere l’evidenza della manomissione» continua Giacomoni. Nei restanti casi, la certezza è successiva a una perizia «che può avvenire soltanto una volta sequestrato il mezzo». Tuttavia, i controlli sulle bici sono pochi, dal momento che si tratta di veicoli non vincolati a omologazione e il loro utilizzo non necessita di permessi o patente. Al sequestro di velocipedi, quindi, si procede raramente, soprattutto a seguito di un sinistro stradale la cui dinamica faccia presupporre una velocità eccessiva del ciclista.