Medicina e burocrazia
Dopo una laurea in Medicina e chirurgia conseguita a pieni voti in 5 anni e 9 mesi non si ha alcuna possibilità di esercitare la professione perché è necessario conseguire l’esame di Stato, requisito cardine sia per lavorare come libero professionista o dipendente, sia per accedere a un concorso di specialità. Peccato che dopo un percorso già lungo, le attese per poter adempiere a tale compito si ampliano per via di un sistema fallace: dopo aver conseguito il titolo di laurea nella prima sessione, quella di luglio, bisognerà attendere ben 7 mesi per poter avere in mano l’abilitazione alla professione, in quanto la prima sessione utile è quella di febbraio. I colleghi che se la sono presa con più calma e hanno deciso di laurearsi alla sessione successiva, quella di ottobre, hanno così l’opportunità di raggiungerti e competere con te per le opportunità di lavoro che si apriranno dopo.
Il giorno in cui escono i risultati e finalmente sei un «medico abilitato alla professione» sei trepidante perché la possibilità di aprirsi al proprio futuro è prossima…e invece no: altre attese burocratiche per presentare la propria domanda all’ordine professionale al quale c’è l’obbligo e il piacere di iscriversi. Quando arriva a casa la lettera tanto attesa che comunica che ce l’hai fatta, hai voglia di cominciare a mettere in pratica quello che hai studiato e aprirti finalmente al mondo del lavoro nel mentre che esca il bando per l’esame di ammissione alla specialità. Infatti questo è un percorso imprescindibile, sia che tu voglia diventare un medico specialista, sia che tu voglia esercitare come medico di medicina generale.
Le opportunità di impiego per questi mesi di transizione non sono tante perché manca la competenza specialistica, ma ti rimbocchi le maniche e vagli le varie opzioni: medico di continuità assistenziale, sostituzione di medici di medicina generale e pediatri di libera scelta, medico di strutture riabilitative, medico termale, medico di gara e quant’altro. Il primo incarico è l’unico che ti garantisca un periodo di lavoro protratto nel tempo ed è ambizioso voler concorrervi. Peccato che la burocrazia e l’organizzazione siano ancora fallaci: il bando per poter accedere a candidarsi come medico di continuità assistenziale è rivolto a coloro che abbiano segnalato la loro disponibilità entro il mese precedente l’uscita del bando stesso (14 marzo 2018) e questo non è concorde con l’iscrizione all’Ordine dei medici (28 febbraio).
Bisognerà quindi accontentarsi di lavori saltuari e l’indipendenza economica rimane lontana, anzi forse non si riuscirà nemmeno a sopperire alle spese versate per essere un «medico abilitato non specializzato in grado di poter esercitare la propria professione».
Francesca Desiderato