La cena di Pesach e l’identità del popolo ebraico
millenaria dell’ebraismo.
È un passaggio che parte dall’Egitto, dalla schiavitù e dalla sofferenza del lavoro forzato. Al punto centrale dell’ebraismo che è Gerusalemme. Tutti quanti partecipano alla cena di Pesach condividono questo punto di vista.
«Ieri eravamo schiavi, oggi siamo liberi, oggi siamo qui, l’anno prossimo a Gerusalemme». Da settant’anni, da quando il popolo ebraico è tornato libero nella sua terra, tale promessa è seguita dall’inno nazionale «Hatikva», la Speranza, che fin dal nome allude proprio a un simile impegno. Chiunque si illuda di separare gli ebrei da Gerusalemme, o di far loro dimenticare il legame con la loro terra, dovrebbe fare attenzione alla ricorrenza della cena di Pesach e a quanto vi avviene. Perché in essa si celebra la coincidenza dell’identità, della Rivelazione che la ispira e dell’appartenenza a quel luogo.
Tutto assieme: la gioia e il dolore, l’identità, la promessa della libertà e la minaccia dell’antisemitismo che si riaffaccia «a ogni generazione» e la necessità di lottare con chi cerca di distruggere il popolo, il percorso lungo e non facile, e la meta: Gerusalemme, cioè la libertà
Il segreto dell’ebraismo, della sua durata, della sua ricchezza morale, dell’odio che i suoi nemici gli portano è tutto qui, in questa ricorrenza di Pesach che ricorda ordine, senso, direzione, identità.