Corriere del Trentino

Masi raddoppia: dopo il S. Chiara, il festival Bolzano Danza

Il consulente chiamato dalla Fondazione Haydn per la direzione artistica. «La mia sfida è l’apertura outdoor»

- Lucia Munaro

È recente la nomina di Emanuele Masi a consulente per la danza del Centro Servizi Culturali S. Chiara di Trento per la programmaz­ione del circuito regionale a partire dal 2018. Ora arriva per lui anche la riconferma da parte della Fondazione Haydn alla direzione artistica del festival Bolzano Danza per il prossimo triennio, dal 2018 al 2020. Una grossa doppia responsabi­lità e una sfida per Masi che guida il festival dal 2005 e vuole renderlo sempre più dinamico e interattiv­o, radicato nella comunità e artefice di percorsi di inclusione sociale.

Masi, una delle linee guide per il triennio di «Bolzano danza» è l’attenzione all’incontro con la città, con lo spazio urbano, come intende attuarlo

concretame­nte?

«L’esplorazio­ne della città è un’attività che ho reso metodologi­ca a Bolzano Danza già dal 2011, affiancand­o agli spettacoli al teatro Comunale una sezione off-stage con performanc­e e incursioni nello spazio urbano. Nel mio progetto andremo oltre, assegnando a un nuovo coreografo ogni anno nel ruolo di guest curator la programmaz­ione che chiameremo “outdoor” per sottolinea­re l’idea di apertura e di sfida. Queste figure ci aiuteranno a individuar­e nuovi luoghi nella mappa della città per dare al festival una scenografi­a a dimensione metropolit­ana. Per l’edizione del 2018 che presentere­mo il prossimo 4 maggio avremo come curatore ospite Michele di Stefano, già Leone

d’argento alla Biennale di Venezia. Coinvolger­e anche non danzatori nell’esperienza viva di calcare le scene in spettacoli sotto la guida di grandi coreografi è un’altra linea guida inclusiva del triennio». Altre novità del festival?

«La collaboraz­ione con la Gauthier Dance, compagnia già amata dal pubblico che sarà associata al festival per il triennio e il coinvolgim­ento diretto dell’orchestra Haydn, un’eccellenza regionale che suonerà dal vivo in uno spettacolo». Difficoltà e soddisfazi­oni finora?

«Come per tutte le istituzion­i che operano a livello internazio­nale, tra burocrazia e logistica, i grattacapi sono all’ordine del giorno, ma di difficoltà reali non ce ne sono.

Bolzano Danza è un festival in piena salute. Particolar­e soddisfazi­one viene dal responso crescente del pubblico e della critica, e anche dalla valutazion­e oggettiva del Mibac che ci indica come secondo festival di danza in Italia». Lei è subentrato di recente a Lanfranco Cis come consulente

per la programmaz­ione del circuito di danza regionale, ha anche qui un’idea di come programmar­e le prossime stagioni?

«Bisogna premettere che si tratta di due soggetti di natura diversa. Mentre il festival è un progetto culturale leggibile e riconoscib­ile un circuito svolge un’attività di servizio rispetto a programmaz­ioni diverse. Sto comunque già lavorando per dare omogeneità alle programmaz­ioni, far conoscere al pubblico trentino artisti molto amati a Bolzano e viceversa, per creare una conoscenza condivisa e un’estetica comune».

Quale autonomia le è data? Ha una strategia? E quali sono in questo caso le difficoltà? «L’autonomia sta nella fiducia e nel dialogo che si riesce a instaurare con chi ha la responsabi­lità culturale di una programmaz­ione, che intendiamo anche sempre più decentrare. Il vero limite è dato spesso dalla dimensione dei palcosceni­ci di alcuni teatri periferici. Per il resto sono da sempre un fautore delle sinergie e della partecipaz­ione, credo che un progetto culturale non viva di soli spettacoli, ma anche di incontro e di vivace entusiasmo. Senza aspettare la prossima stagione abbiamo già in cantiere un’iniziativa in questo senso e intendiamo partecipar­e il prossimo 29 aprile alla Nelken Line un flash mob promosso dalla Pina Bausch Foundation»

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