Espace, Patrizia Calovini con le sue donne di spalle
Di Patrizia Calovini conosciamo da precedenti esposizioni le figure enigmatiche di giovani donne in procinto di ballare il tango o ai margini della milonga, in interni che assumono subito un aspetto metafisico. Oppure altre figure femminili in ambientazioni che richiamano l’antichità classica, guerriere o testimoni mute di un tempo indecifrabile. Ora l’artista nativa di qui, che da anni vive e lavora ad Ancona dopo aver frequentato l’Accademia di belle arti di Macerata, torna a Bolzano con una mostra composita in cui raccoglie una selezione di lavori realizzati negli ultimi 5 anni.
Fedele alla figura femminile che rimane il suo soggetto prediletto e quasi identificativo, l’artista cambia in queste opere la prospettiva e, come nei due grandi quadri esposti all’entrata della galleria Espace la Stanza che ospita da oggi la mostra, dipinge la figura di schiena. Le tele Photoshop 1 e 2 sono di grande impatto visivo, il soggetto femminile ci appare di spalle e l’invito resta irresistibile, nonostante l’artista ci privi della vista del volto e della lettura che esso solitamente offre, a seguire lo sguardo che la donna volge verso un orizzonte che non conosciamo e che vogliamo intuire. La seduzione immediata è data dalle pieghe del vestito, blu in una delle due tele, colore ripreso nei capelli del secondo quadro dove una figura gemella è rappresentata in bianco e nero. Il mistero dello sguardo a noi precluso non sfocia però in inquietudine, per via della simmetria delle spalle e delle braccia aperte della figura e delle mani, il cui carnale contrasta con il colore scuro del manto che esse reggono e del cielo. Altri quadri di dimensioni minori realizzati sempre a olio su tela riprendono il motivo della figura che volge le spalle all’osservatore, alcune completamente, altre mostrando il profilo. Senza assumere il carico di significato che la figura umana di schiena assume fin dal Cristo compianto di Giotto, i soggetti femminili di Patrizia Calovini mantengono una quasi ironica leggerezza, nessun ammiccamento, solo forse la libertà e l’indipendenza di decidere dove volgere lo sguardo da sole.
Completano la mostra altri lavori tratti da un altro filone recente dell’artista (messaggio
siano gli occhi) sempre a olio o in tecnica mista. Qui invece si focalizza lo sguardo come fulcro della comunicazione umana. A ispirare l’artista, che parte sempre dall’esperienza autobiografica trasportandola in una dimensione universale quale è prerogativa dell’arte, in questo caso è un sonetto di un anonimo del 500, che Patrizia Calovini ha annotato ancora dalla scuola. La mostra che sarà inaugurata oggi resterà aperta fino al prossimo 17 aprile.