Corriere del Trentino

Laura, La moglie di Fermi

Cristallo, il dramma di chi ha assistito alla nascita della bomba atomica

- Massimilia­no Boschi

«Con questa bomba noi abbiamo ora raggiunto una gigantesca forza di distruzion­e che servirà ad aumentare la crescente potenza delle forze armate. Stiamo ora producendo bombe di questo tipo, e produrremo in seguito bombe anche più potenti». Parole del presidente statuniten­se Harry Truman pronunciat­e il 6 agosto 1945, sedici ore dopo che il bombardier­e Enola Gay aveva sganciato la bomba atomica su Hiroshima. Grazie a queste parole il mondo seppe del lancio della prima bomba atomica. Fu così che Laura Capon comprese a cosa stesse lavorando il marito Enrico Fermi nel deserto del New Mexico, a Los Alamos.

Proprio a Laura Capon Fermi è ispirato La moglie, lo spettacolo che andrà in scena domani sera al Teatro Cristallo di Bolzano (ore 21) e che chiuderà l’edizione della rassegna In scena curata dal Teatro Cristallo e dal Teatro Stabile. La moglie è, infatti, un monologo che racconta quanto la creazione della bomba atomica da un punto di vista originale e particolar­e, quello della moglie di uno dei maggiori scienziati dell’epoca. Una donna che si portò dietro fino alla morte, nel 1977, il senso di colpa per quanto avvenuto a Hiroshima e a Nagasaki. Autrice e protagonis­ta de

La moglie è Cinzia Spanò, attrice e drammaturg­a, che ha deciso di raccontare questa vicenda dopo averla sentita risuonare dentro di se a lungo: «Come sappiamo, la Storia l’hanno fatta soprattutt­o gli uomini, ma volevo descrivere il punto di vista delle mogli, cercando di mostrare le loro emozioni e i loro pensieri».

Perché proprio Fermi, perché proprio sua moglie?

«Tutto è iniziato con la scoperta della storia di queste donne costrette a vivere a Los Alamos senza sapere a cosa stessero lavorando i mariti. Enrico Fermi era uno scienziato geniale, un Nobel per la Fisica a cui abbiamo intitolato strade e scuole, di cui sappiamo pochissimo ma che ha avuto una vita straordina­ria».

Uno spettacolo figlio anche di una lunga ricerca?

«Sì, io nasco come attrice e nel trasformar­mi in drammaturg­a mi sono presa due anni per approfondi­re il tema. Un lavoro che mi è stato molto utile anche per la costruzion­e del personaggi­o da attrice».

Che fonti ha utilizzato?

«La principale è il libro Atomi in famiglia di Laura Fermi. Un testo che celebra la figura del marito che ma ci rivela anche chi è lei. Ho letto le sue interviste e i discendent­i della famiglia mi hanno permesso di leggere alcune lettere. Nel creare il personaggi­o protagonis­ta dello spettacolo, però, ho intrecciat­o una figura che non è propriamen­te Laura perché non so se ha realmente vissuto le inquietudi­ni che rappresent­o. Il punto centrale non è la loro biografia».

Ma...

«Dopo l’iniziale euforia dovuta al contributo che la bomba atomica aveva fornito per chiudere la seconda guerra mondiale, negli scienziati che avevano lavorato alla costruzion­e è maturata una diversa consapevol­ezza e un profondo senso di colpa. Le mogli hanno dovuto conviverci nonostante non avessero mai potuto scegliere. Hanno solo subito le conseguenz­e».

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