LE DUE OPZIONI DELL’ALLEANZA
Il centrosinistra autonomista è uscito dal voto del 4 marzo con la consapevolezza delle proprie fragilità. Quelle che fino a oggi erano state mascherate dalla bulimia amministrativa e da rapporti interni ricuciti — in un’opera di rammendo che si è intensificata con la fine del principato dellaiano e il lutto della perdita delle primarie da parte del Pd — ora sono emerse come contraddizioni irrisolte o, peggio, aporie politiche. A ciò si sono sommate le ferite prodotte dall’esito elettorale: le dimissioni dei vertici di Pd e Upt, il sostanziale commissariamento di Panizza nel Patt. Il governatore Ugo Rossi ha cercato di occupare questo vuoto transizionale promuovendo una serie di cambi di linea (sicurezza, legittima difesa, diritti civili) e soprattutto la propria auto-ricandidatura all’appuntamento elettorale d’autunno, seminando imbarazzo e irritazione negli alleati. Per qualcuno ha anche sbagliato strategia: con il Pd bloccato dai veti interni e l’Upt impegnato in un cantiere ricostituente, l’inerzia sarebbe stata dalla sua parte.
La questione della leadership emergerà più chiaramente nei prossimi giorni. I dem sono convinti che al tracollo di marzo occorra rispondere con una proposta di discontinuità che archivi un ciclo del centrosinistra autonomista — consegnato alla storia dall’elettorato — per confezionarne un altro. È abbastanza evidente, in questo caso, che il candidato presidente dovrebbe essere espressione dell’area culturale e sociale dell’alleanza più che dei partiti. Consentirebbe anche di dribblare l’impasse interna al Pd e sarebbe la carta più convincente per domandare al governatore uscente un passo indietro. L’altra opzione è la conferma di Rossi in una squadra rinnovata, con un disegno politico più pronunciato e l’impegno a riallestire una presenza e un dialogo con i diversi segmenti della società, l’elemento più preoccupante delle tenuta coalizionale che ha ricevuto scarsa considerazione nell’analisi dei partiti.
Al di fuori di tale quadro, c’è la scomposizione dell’attuale sistema di alleanze che in parte potrebbe avere origini esogene (il governo nazionale) e in parte endogene se il Patt decidesse di mettersi in proprio per spendere il bottino elettorale nel dopo-voto. Uno scenario — considerato il 4,98% raccolto alle politiche dalle Stelle alpine — che appare più uno strumento di pressione sugli alleati per metabolizzare il Rossi-bis che un approdo reale.