«Investire sull’intelligenza artificiale»
Stock è stato il pioniere in Trentino: «Facciamo fare alle macchine lo sforzo di capirci»
«Sull’intelligenza artificiale c’è bisogno di molta ricerca e il ruolo del pubblico è fondamentale». Lo sostiene Oliviero Stock, ex direttore dell’Itc-Irst, precursore degli studi sull’intelligenza artificiale in Trentino trent’anni fa. «La Provincia — dice — è consapevole di quanto sia importante continuare a investire».
TRENTO «L’intelligenza artificiale oggi è un argomento di cui si parla con frequenza quotidiana, come se le soluzioni fossero già tutte pronte all’uso, ma non è così. C’è invece bisogno di molta ricerca, e il ruolo del pubblico è fondamentale, se si vuole che per l’aspetto applicativo si possa avere l’obiettivo di contribuire a rendere migliore la vita delle persone, di tutti. Per il futuro credo che la Provincia di Trento sia consapevole di quanto sia importante continuare a investire in ricerca e nello stesso tempo dell’opportunità che questo territorio offre per la sperimentazione». Sono le parole di Oliviero Stock, ex direttore dell’Itc-Irst, precursore degli studi sull’intelligenza artificiale in Trentino trent’anni fa.
Professor Stock, domani, prima del convegno internazionale «The pleasure of research in Al», riceverà l’Aquila di S.Venceslao, la massima onorificenza della Provincia autonoma di Trento.
«La considero come data a tutti colleghi di quello che si è affermato nel mondo della ricerca col nome Irst. Vi è un gruppo di persone di alta qualità che ha lavorato con grandissimo impegno dai tempi di Stringa e poi con il contributo di altri più giovani. Sono molto onorato e penso che sia un segno ulteriore di notevolissima attenzione per il mondo della ricerca e dell’università. La Provincia ha avuto una capacità di guardare in avanti straordinaria».
Il convegno celebrerà i 30 anni di ricerca in intelligenza artificiale dell’Itc-Irst (ora Fbk), di cui lei è stato direttore dal 1997 al 2011. Qual è il campo di ricerca che le ha dato maggior soddisfazione?
«Sono solito dire che se chiedessimo a cento ricercatori una definizione di intelligenza artificiale probabilmente otterremmo almeno cento definizioni diverse. Per me la cosa principale è far fare alle macchine lo sforzo di capire noi anziché viceversa. Per fare ciò c’è bisogno di lavorare anche con le scienze umane e innanzitutto con le scienze cognitive. Io mi sono occupato di elaborazione della lingua umana. Già nei primi anni all’Irst avevamo costruito un sistema molto sofisticato di dialogo in linguaggio naturale, che integrava anche navigazione di tipo ipertestuale. Quella volta non esisteva ancora il web (sì ci sono stati tempi in cui non esisteva) e il sistema come impostazione generale sarebbe ancora attuale».
Uno dei temi di ricerca su cui si è concentrato è quello della tecnologia di persuasione flessibile. In che modo la tecnologia può essere utilizzata per influenzare idee, atteggiamenti e comportamenti degli uomini?
«Dobbiamo cercare di capire cos’è la persuasione: da una parte dobbiamo trovare tecniche per difenderci dalla persuasione sottile e indesiderata, un tema importantissimo di questi tempi. D’altra parte per me è interessante vedere se si riesce a costruire dei sistemi creativi che, ad esempio, possano influenzare la scelta delle persone, attirandone l’attenzione. Un esempio riguarda proprio i giornali: la titolazione è un’arte e certi giornali assumono dei “creativi” per produrre titoli attraenti. Noi abbiamo un sistema prototipale che lo fa autonomamente strizzando l’occhio con un po’ di humor. Ma naturalmente è molto importante che la macchina si comporti in modo eticamente accettabile».