«Detenuti, valutare elementi sociali e giuridici»
L’antropologa del diritto: «L’approccio universalista manca di consapevolezza»
TRENTO In Italia la disciplina è poco nota, ma nel resto del mondo l’antropologo del diritto è sia uno studioso ben riconosciuto sia un professionista che lavora nelle scuole, nelle istituzioni, nei tribunali, negli ospedali. «Rifiutando un approccio etnocentrico, non si occupa solo di conoscere una comunità umana, ne approfondisce anche i sistemi giuridici», sintetizza Giorgia Decarli. Assegnista di ricerca al dipartimento di Giurisprudenza, esperta di diritto dei Paesi africani, laurea in legge e dottorato in antropologia, domani Decarli sarà ospite del primo seminario organizzato da Atas e Cinformi dedicato al multiculturalismo penitenziario (alle 17, Fondazione Caritro). «L’esperto culturale — precisa Decarli — può aiutare a comprendere problematiche quotidiane che hanno a che fare con l’universo culturale, sociale e giuridico di riferimento». Favorendo, così, diritti differenziati ed efficacia della risocializzazione post detenzione.
Decarli, partiamo dal principio: di cosa si occupa un antropologo del diritto?
«Non si occupa solo di conoscere le culture di determinate comunità umane, ne approfondisce anche i sistemi giuridici, ovvero come il diritto si manifesta, cosa si ritiene reato e cosa no, come si risolve una disputa. Tutto ciò, rigettando un approccio etnocentrico e guardando la realtà con le stesse lenti dell’interlocutore. Nel mio caso, dopo la laurea in Giurisprudenza e un periodo di ricerca in Africa, mi sono accorta di avere una buona base giuridica ma avevo bisogno di altri strumenti, per questo ho scelto il dottorato in Antropologia».
Dove si rivela efficace l’apporto dell’antropologo giuridico?
«I contesti sono i più disparati: nelle scuole, nelle istituzioni pubbliche, nei centri di accoglienza, negli ospedali, nei tribunali, in carcere».
A proposito di carcere, in Italia il 34% dei detenuti sono stranieri e in Trentino arriviamo al 73%. Quale può essere il contributo dell’antropologo del diritto nella ridefinizione del trattamento penitenziario?
«In carcere l’intervento dell’antropologo del diritto si può configurare in modi diversi e in diversi modi. Esistono già tante e utilissime iniziative di mediazione, ma l’antropologo e l’esperto culturale possono fare qualcosa di più. La familiarità con sistemi diversi aiuta a intravedere problematiche che hanno a che fare con l’universo sociale, culturale e giuridico dei detenuti. Faccio un esempio che può apparire complesso: esistono comunità che contemplano rischi di contaminazione e inquinamento, del corpo e dell’anima, qualora si entri in contatto fisico con altre comunità o per esempio mangiando alcune pietanze. L’esito è che la persodetenuto na venga quindi allontanata successivamente dai suoi pari poiché considerata impura. Tutto ciò ha delle evidenti ricadute sulla possibilità di reinserimento. Ma se questo tema è molto dibattuto, ci sono altre problematiche. Penso alla salute, quando un detenuto straniero si trova a essere curato con modelli diffusi in Occidente. Ma penso anche alla relazione stessa con medico o con psicologi e psichiatri. Qui conoscere le modalità comunicative è determinante: se un non risponde a una domanda non significa per forza che non voglia dire nulla, tutto dipende dalle tradizioni nella conversazione».
Quindi l’esperto può dare chiavi di lettura?
«L’antropologo può collaborare gomito a gomito con polizia penitenziaria, psicologi, medici curanti, avvocati e con chiunque entri in relazione con il detenuto straniero. L’esperto culturale può contestualizzare e descrivere fatti rilevanti alla luce del particolare background culturale di un ricorrente, contendente, accusato, vittima. Può sembrare una contraddizione, ma la prospettiva universalista per cui tutti devono essere trattati egualmente rivela mancanza di consapevolezza circa il dovere di prevedere diritti differenziati. Riflettere ed esplorare misure alternative e differenziate è un’occasione importante per l’ordinamento italiano e l’antropologia giuridica può offrire uno strumento prezioso».