GLI SCHÜTZEN VANNO A SCUOLA
L’antefatto: in una scuola del Trentino è arrivata l’offerta di una compagnia degli Schützen di incontrare gli alunni. Lo scopo sarebbe di fornire un contributo alla conoscenza della storia locale, forse legando l’intervento alle coincidenze con l’anniversario della Prima guerra mondiale (e, si può supporre, facendo da contraltare alla lettura e alle celebrazioni che probabilmente accompagneranno la prossima adunata nazionale degli alpini a Trento).
La richiesta degli Schützen è perlomeno curiosa e si potrebbe intendere come ulteriore prova di un’affettuosa, magari un poco cameratesca e paternalista, presenza folkloristica: un po’ di nostalgia asburgica, della buona amministrazione d’antan, riprendiamoci la nostra terra, difendiamo le nostre radici. Quindi che male possono fare se entrano in una classe, raccontano di sé, ricordano il passato proponendo una prospettiva che può avere suggestioni in grado di colpire l’immaginario dei bambini, rendendo interessante il possibile incontro?
A mio avviso, l’eventuale ingresso degli Schützen sarebbe invece quantomeno inopportuno per varie ragioni, a partire dal fatto che si fornirebbe loro una legittimazione non dovuta. Come associazione credo abbiano il diritto di muoversi, rispettando naturalmente il dettato costituzionale, secondo le loro finalità. Ma appunto per questo non sono dei soggetti neutri e, soprattutto, faccio fatica a riconoscere loro una preparazione (pedagogica, didattica, storica) adeguata per proporsi come giusti interlocutori nell’esperienza di apprendimento degli alunni. Non ritengo che potrebbero efficacemente assumere il compito di integrare il lavoro degli insegnanti, non penso che siano a conoscenza (e, quindi, condividano) le qualità professionali che sono imprescindibili per operare nei processi di insegnamento. Mancando simili requisiti, si farebbe perciò fatica a non vedere un loro eventuale intervento nelle scuole come forma di propaganda spicciola.
Un altro motivo di riflessione si lega alla volontà degli Schützen di accreditarsi come genuini interpreti della storia locale, talora accompagnata da un velato disprezzo per il lavoro degli storici. In tale frangente si rivelano due aspetti di merito. Il primo attiene all’approccio spesso unilaterale e semplificatorio di vicende, fatti e persone prese in considerazione. Il secondo, quasi più importante, al «taglio» dato alla voce «storia locale» che, pur non essendo io particolarmente aggiornato sulle pubblicazioni dei cappelli piumati, è cosa ben diversa dall’impronta che deve avere la frequentazione della cosiddetta storia locale per gli alunni della scuola primaria.
In tal senso, l’istituzione scolastica ha tutti gli strumenti (e anche la responsabilità) per governare correttamente lo spazio che è giusto riservare al contesto reale e a quello fantastico che è parte fondamentale dei processi di crescita infantili. Spetta agli insegnanti l’onore e l’onere di camminare a fianco dei loro alunni nelle acquisizioni cognitive ed emotive che appartengono alla loro età. I programmi scolastici nazionali del 1985 (non smentiti dalle successive operazioni legate agli indirizzi elaborati più recentemente a livello provinciale), nella parte dedicata proprio a storia, geografia e studi sociali, sono molto chiari nel disegnare bisogni di apprendimento dei bambini e intervento intenzionale degli insegnanti. Basta questo, a mio avviso, per trattare con molta prudenza l’offerta degli Schützen, sapendo che la scuola ha buone e fondate ragioni per un cortese e non polemico rifiuto.
La risposta compete agli organi collegiali, ai dirigenti scolastici nell’esercizio delle competenze assegnate. Diversamente, c’è non solo il pericolo di fare i conti con contributi tutti da verificare, ma anche il rischio di chiamare indirettamente in causa impropriamente altri soggetti, a partire dai genitori, per decidere il da farsi.
Certo, la mia lettura dell’antefatto avrebbe bisogno di una più autorevole conferma. Penso che gli storici che si sono dedicati allo studio della storia locale della nostra provincia, prima, durante e dopo l’appartenenza all’Impero austroungarico siano perfettamente in grado di farlo. Ricerche, pubblicazioni, libri anche recenti su cui insistere per provare a ragionare sulla ricezione della storia locale nell’ambito della scuola primaria non mancano. Senza dimenticarsi che la scuola da sempre si occupa di questo, proponendo fatti, interrogando nonni e genitori, osservando la natura e scoprendo le tante interazioni che caratterizzano l’ambiente di vita di ogni bambino.