Corriere del Trentino

GLI SCHÜTZEN VANNO A SCUOLA

- di Alberto Tomasi

L’antefatto: in una scuola del Trentino è arrivata l’offerta di una compagnia degli Schützen di incontrare gli alunni. Lo scopo sarebbe di fornire un contributo alla conoscenza della storia locale, forse legando l’intervento alle coincidenz­e con l’anniversar­io della Prima guerra mondiale (e, si può supporre, facendo da contraltar­e alla lettura e alle celebrazio­ni che probabilme­nte accompagne­ranno la prossima adunata nazionale degli alpini a Trento).

La richiesta degli Schützen è perlomeno curiosa e si potrebbe intendere come ulteriore prova di un’affettuosa, magari un poco cameratesc­a e paternalis­ta, presenza folklorist­ica: un po’ di nostalgia asburgica, della buona amministra­zione d’antan, riprendiam­oci la nostra terra, difendiamo le nostre radici. Quindi che male possono fare se entrano in una classe, raccontano di sé, ricordano il passato proponendo una prospettiv­a che può avere suggestion­i in grado di colpire l’immaginari­o dei bambini, rendendo interessan­te il possibile incontro?

A mio avviso, l’eventuale ingresso degli Schützen sarebbe invece quantomeno inopportun­o per varie ragioni, a partire dal fatto che si fornirebbe loro una legittimaz­ione non dovuta. Come associazio­ne credo abbiano il diritto di muoversi, rispettand­o naturalmen­te il dettato costituzio­nale, secondo le loro finalità. Ma appunto per questo non sono dei soggetti neutri e, soprattutt­o, faccio fatica a riconoscer­e loro una preparazio­ne (pedagogica, didattica, storica) adeguata per proporsi come giusti interlocut­ori nell’esperienza di apprendime­nto degli alunni. Non ritengo che potrebbero efficaceme­nte assumere il compito di integrare il lavoro degli insegnanti, non penso che siano a conoscenza (e, quindi, condividan­o) le qualità profession­ali che sono imprescind­ibili per operare nei processi di insegnamen­to. Mancando simili requisiti, si farebbe perciò fatica a non vedere un loro eventuale intervento nelle scuole come forma di propaganda spicciola.

Un altro motivo di riflession­e si lega alla volontà degli Schützen di accreditar­si come genuini interpreti della storia locale, talora accompagna­ta da un velato disprezzo per il lavoro degli storici. In tale frangente si rivelano due aspetti di merito. Il primo attiene all’approccio spesso unilateral­e e semplifica­torio di vicende, fatti e persone prese in consideraz­ione. Il secondo, quasi più importante, al «taglio» dato alla voce «storia locale» che, pur non essendo io particolar­mente aggiornato sulle pubblicazi­oni dei cappelli piumati, è cosa ben diversa dall’impronta che deve avere la frequentaz­ione della cosiddetta storia locale per gli alunni della scuola primaria.

In tal senso, l’istituzion­e scolastica ha tutti gli strumenti (e anche la responsabi­lità) per governare correttame­nte lo spazio che è giusto riservare al contesto reale e a quello fantastico che è parte fondamenta­le dei processi di crescita infantili. Spetta agli insegnanti l’onore e l’onere di camminare a fianco dei loro alunni nelle acquisizio­ni cognitive ed emotive che appartengo­no alla loro età. I programmi scolastici nazionali del 1985 (non smentiti dalle successive operazioni legate agli indirizzi elaborati più recentemen­te a livello provincial­e), nella parte dedicata proprio a storia, geografia e studi sociali, sono molto chiari nel disegnare bisogni di apprendime­nto dei bambini e intervento intenziona­le degli insegnanti. Basta questo, a mio avviso, per trattare con molta prudenza l’offerta degli Schützen, sapendo che la scuola ha buone e fondate ragioni per un cortese e non polemico rifiuto.

La risposta compete agli organi collegiali, ai dirigenti scolastici nell’esercizio delle competenze assegnate. Diversamen­te, c’è non solo il pericolo di fare i conti con contributi tutti da verificare, ma anche il rischio di chiamare indirettam­ente in causa impropriam­ente altri soggetti, a partire dai genitori, per decidere il da farsi.

Certo, la mia lettura dell’antefatto avrebbe bisogno di una più autorevole conferma. Penso che gli storici che si sono dedicati allo studio della storia locale della nostra provincia, prima, durante e dopo l’appartenen­za all’Impero austrounga­rico siano perfettame­nte in grado di farlo. Ricerche, pubblicazi­oni, libri anche recenti su cui insistere per provare a ragionare sulla ricezione della storia locale nell’ambito della scuola primaria non mancano. Senza dimenticar­si che la scuola da sempre si occupa di questo, proponendo fatti, interrogan­do nonni e genitori, osservando la natura e scoprendo le tante interazion­i che caratteriz­zano l’ambiente di vita di ogni bambino.

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