Corriere del Trentino

Non servono profeti, ma politici preparati

- di Albino Leonardi * *Ex presidente Trentino Tis

C’è qualcuno convinto che il problema del Trentino sia il patrocinio al «Dolomiti Gay Pride». È lo stesso qualcuno che, qualche mese fa, disse di «guardare con attenzione» al progetto secessioni­sta della Catalogna di Carles Puigdemont, e, recentissi­mamente, ha trovato «forti» le misure restrittiv­e della libertà personale per una dirigente provincial­e coinvolta in una serie di abusi.

Questo qualcuno non si è poi accorto che la dirigente in questione è salita agli onori (o, per meglio dire, ai disonori) della cronaca nazionale (che ne ha vivisezion­ato i comportame­nti portando inaspettat­a linfa a chi non perde occasione per denigrare le prerogativ­e dell’autonomia); non si è accorto che ciò che avrebbe dovuto aprire la «nuova era nella storia Catalogna» si è rivelata una buffonata (delle cui conseguenz­e, peraltro, la Catalogna stessa si sta ancora leccando le ferite); e non si è accorto nemmeno che il tema del patrocinio alla manifestaz­ione dell’«orgoglio omosessual­e» è una questione di carattere istituzion­ale che nulla ha a che vedere con la singola visione politica. Non avendo neppur lontanamen­te intuito il palpabile clima preelettor­ale (indimentic­abile il «faremo cappotto»), lo stesso qualcuno ha pensato poi di archiviare la sconfitta del 4 marzo attraverso la proposta-minaccia di nuove «geometrie elettorali».

Assaggi dei danni provocati dal disorienta­mento che sta vivendo la guida della nostra Provincia, incapace di portare a termine i propri progetti, e impegnata al mantenimen­to in logica autorefere­nziale di una visione superata della realtà. Un atteggiame­nto che genera fortissime tensioni nell’opinione pubblica, anche in quella più disincanta­ta, che di tanto in tanto sfociano in episodi come quello appunto del 4 marzo, dove il Trentino per la prima volta nel dopoguerra si è allontanat­o dalla linea «filo-governativ­a».

Anche le pecore, se trattate da pecoroni, possono ribellarsi. Una lezione che il ceto politico non sembra voler apprendere, probabilme­nte perché ciò vorrebbe dire rispondere a domande come: dove vogliamo andare? Come vogliamo arrivarci? Come ci immaginiam­o tra venti-trent’anni? Domande ritenute più inutili che difficili.

Meglio occuparsi di questioni più concrete, ad esempio della presidenza di Itas. Qui è la radice della crisi che fa scricchiol­are l’impalcatur­a sui abbiamo retto il nostro benessere: la paura di affrontare il nuovo, l’attrazione verso la conservazi­one. Sviluppo e conservazi­one sono termini struttural­mente antitetici. Occorre non fare confusione tra necessario e sufficient­e: dobbiamo conservare e mantenere il necessario (l’impalcatur­a), ma non dobbiamo avere il coraggio di sfidare in continuazi­one il sufficient­e (il cambiament­o).

Ai nostri dirigenti politici dobbiamo chiedere che facciano il loro mestiere (guidare la comunità verso terreni più fertili) e ridimensio­nino le loro mire di potere. Non abbiamo bisogno di profeti o di miracoli, ma che ci lascino lavorare in spazi liberi per coltivare le nostre ambizioni e i nostri talenti. La politica può fare tante cose, non tutte: quando ci prova diventa carattere caricatura­le, qualche volta genera dei mostri. Alcuni li abbiamo già, altri sono alle porte.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy