Schützen a scuola, il no di due classi Rossi: «Censure da intellettualoidi»
L’iniziativa divide «Regina Elena». Ferrari: nessuno scandalo, ma non politicizzare
TRENTO Quattro diviso due fa due. È la prima operazione con le divisioni che si impara a scuola, solitamente con fette di torta o di pizza come esempi. I soggetti della divisione stavolta sono invece quattro classi di seconda elementare dell’istituto Regina Elena di Rovereto: due classi la prossima settimana — probabilmente il 18 aprile — ospiteranno dei rappresentanti degli Schützen di Rovereto che illustreranno loro i propri indumenti tradizionali; le altre due no, per via del manifesto e acceso dissenso dei genitori nei confronti dell’iniziativa. Dissenso manifestato anche dall’ex preside del liceo da Vinci Alberto Tomasi («L’eventuale ingresso degli Schützen sarebbe quantomeno inopportuno […] si farebbe fatica a non vedere un loro eventuale intervento nelle scuole come forma di propaganda spicciola») e dallo storico Quinto Antonelli, per il quale «la presenza degli Schützen è divisiva […] l’antiintellualismo è la loro cifra, mi chiedo se sia legittimo accettare la presenza di chi pratica quotidianamente l’intolleranza» (rispettivamente Corriere
del Trentino di martedì e di ieri). A tali accuse ha poi risposto Enzo Cestari, presidente – o meglio, Landeskommandant – della federazione Schützen del Welschtirol (denominazione del Trentino all’epoca dell’impero asburgico): «Mi sembra che gli Schützen non siano né la prima né l’unica associazione che entra nelle scuole, come è concesso ad altri ciò dovrebbe essere concesso anche a noi».
Insomma, l’imminente presenza degli Schützen nella scuola roveretana è effettivamente divisiva, ancor di più considerando la risposta a Tomasi e Antonelli del presidente della Provincia e assessore all’istruzione Ugo Rossi: «Lo storico Antonelli dovrebbe ben sapere che nel nostro Paese ogni riferimento al Tirolo asburgico è stato più volte nascosto o messo in secondo piano dalla storiografia, oscurando la pluralità del nostro territorio. Mi ha stupito che un professionista come lui abbia bollato l’iniziativa del Regina Elena come divisoria senza essersi prima informato sul suo contenuto o che un ex dirigente (Tomasi, ndr) abbia fatto lo stesso dal salotto di casa sua, con presunzione e modi da intellettualoide. Trovo veramente poco illuminato — continua — il loro ergersi a intellettuali illuminati che si sentono in diritto di giudicare tutto». Posizioni consapevolmente dure, commisurate alle rimostranze, quelle di Rossi che in merito alla lezione degli Schützen al Regina Elena si dimostra più che favorevole: «Difendo a spada tratta questa iniziativa, come ne difenderei altre corrispettive operate dall’Anpi, dai Vigili del fuoco, dagli Alpini o da associazioni contro l’omofobia; sono tutte opportunità di riflessione e approfondimento. Le nostre scuole sono aperte alla comunità e decidono autonomamente come insegnare la scuola locale». Sia Tomasi che Antonelli hanno negato che gli Schützen posseggano adeguate competenze pedagogico-didattiche per insegnare storia locale, sulla quale hanno inoltre «un approccio spesso unilaterale e semplificatorio», col pericolo di propaganda e divisione. «Queste accuse cadono da sé — replica Rossi —, gli Schützen non andranno certo a insegnare storia ma a spiegare ai bambini l’origine dei loro costumi e i connessi aspetti folkloristici, da sviluppare poi nell’insegnamento della storia locale coi dovuti agganci. In ogni caso — conclude — non ho alcun dubbio sulla buona fede e la preparazione della dirigente che ha dato il suo assenso all’iniziativa».
La dirigente dell’istituto Regina Elena di Rovereto, Tiziana Chemotti, la descrive come «una normale attività didattica proposta dagli insegnanti all’interno di un progetto unitario, che comprenderà una lezione da parte degli Schützen sui loro indumenti tipici, maschili e femminili, e una successiva visita al Museo degli usi e costumi di San Michele, alla quale parteciperanno tutte e quattro le classi seconde, comprese le due che non avranno partecipato all’incontro con gli Schützen per il dissenso dei genitori». Alle dichiarazioni di Tomasi e Antonelli risponde di non avere «alcun motivo per osteggiare tale iniziativa e non vedo alcun pericolo di intolleranza, divisione o propaganda, a meno che non sia considerata tale mostrare ai bambini dei costumi tipici. Gli insegnanti saranno garanti dei principi didattici e pedagogici dell’attività, che hanno progettato, programmato e concordato con le varie parti». Sulla questione si è espressa anche Sara Ferrari, assessora provinciale all’università e ricerca, nonché docente di storia, laureata in Storia del Trentino e del Tirolo: «È la scuola che si assume la responsabilità pedagogica ed educativa delle proprie iniziative, dobbiamo rispettare la sua scelta. In questo caso non trovo scandaloso che gli Schützen parlino delle proprie divise nelle scuole. L’importante è non cadere mai in una lettura politicizzata e parziale della storia trentina, fattore che le ha impedito per anni di essere insegnata coi criteri che meritava: oggi abbiamo adulti che non capiscono cosa sia l’Autonomia trentina perché non sanno leggerne le motivazioni storiche».