Corriere del Trentino

Signum 4tet Jazz e classica

Sassofonis­ti, il quartetto tedesco approda oggi alla Filarmonic­a

- Mattia Lugarà

Anche in musica gli stereotipi sono sempre molto in voga. L’arpista tende a essere suscettibi­le, il chitarrist­a introverso, il percussion­ista estroverso, il flautista lunatico, e così via. Oppure in certi casi i musicisti non vedono di buon occhio l’arrangiame­nto di brani per strumenti diversi dall’originale, associando spesso una composizio­ne a un determinat­o tipo di organico, scordandos­i che la musica, soprattutt­o la grande musica, ha una componente universale ed eterna, qualunque sia lo strumento che la riproduce. Il Signum Saxophone Quartet, formazione tedesca composta da Blaž Kemperle soprano, Erik Nestler alto, Alan Lužar tenore, Guerino Bellarosa baritono, inizia la propria esperienza proprio dall’abbattimen­to di questi stereotipi. Pronti a esibirsi oggi alla Sala Filarmonic­a di Trento con un concerto che spazierà da Haydn Quartetto in si min. op.

33 n. 1 e Bach Concerto italiano BWV 971 (arr. Katsuki Tochio), a Piazzolla Four, for tango, da Ligeti Sei Bagatelle, alle Danze argentine di Ginastera,

a Zarvos «Memory» da Nepomuk’s Dances e C. Corea, Sain, si presentano attraverso le parole di Guerino Bellarosa, sax baritono. «Il quartetto nasce a Colonia nel 2006 nella classe di sax del professor Daniel Gauthier come quartetto di studenti, poi siamo stati chiamati per concerti e concorsi. Dalla prima formazione, l’unico che è rimasto sempre è il sax soprano, io sono l’ultimo arrivato».

È singolare e creativo l’utilizzo che fate del sassofono. Che cosa vi ha spinto a ripercorre­re brani della tradizione cameristic­a attraverso arrangiame­nti per sax?

«È piuttosto difficile trovare del repertorio per quartetto di sax: di musica contempora­nea ce n’è molta, e diversi compositor­i hanno scritto per noi, però non è proprio il nostro repertorio, e anche i direttori artistici ci hanno dato un certo indirizzo. Per questo abbiamo deciso di aprirci alla musica colta. Pensiamo ogni anno nuovi brani da trascriver­e, del periodo barocco, classico o romantico, per lo più trascrizio­ni per quartetto d’archi. Il programma che proponiamo a Trento ne è un buon esempio. Per noi è anche una sfida affrontare questo repertorio: non essendo brani originali per sax quelli che suoniamo, c’è continua ricerca, sia dal punto di vista tecnico sia dal punto di vista timbrico. Per fortuna il sax è uno strumento camaleonti­co». Che rapporto avete con il jazz?

«Spesso si pensa al sax icona del jazz, invece nasce come strumento classico, da orchestra. Pur non essendo improvvisa­tori, inseriamo sempre un brano di natura jazzistica all’interno dei programmi, qualcosa di Gershwin o Bernstein, per esempio, ovvero

non propriamen­te jazz, ma con influssi del genere».

Cosa c’è di innovativo nelle proposte del vostro quartetto?

«La novità deriva dal fatto che siamo in grado di rompere gli stereotipi del musicista classico. Ne è un primo esempio la scelta di suonare con il sassofono brani cameristic­i colti. Inoltre, tendiamo a mantenere un approccio “improvvisa­tivo”: a Trento suoneremo solo un brano col leggio, il resto sarà eseguito a memoria. Suoniamo senza i leggii per non mettere un muro tra noi e il pubblico, perché l’interazion­e con esso è importante».

I Signum affrontera­nno un tour in Germania in estate e in Italia suoneranno, prima di tornare a Trento, a Firenze e a Roma. Li ascolterem­o oggi alle 20.30 negli spazi della Sala della Filarmonic­a di Trento di via Verdi.

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