Corriere del Trentino

Palazzo Noriller Gli affreschi sono del Trecento

Lo studio La datazione degli affreschi rivoluzion­a la storia del Palazzo Beato colloca le pitture roveretane un secolo prima del periodo veneziano

- di Gabriella Brugnara

Palazzo Noriller, a Rovereto. Siamo in via della Terra, la parte antica della città. Negli anni Novanta del Novecento, durante alcuni lavori di ristruttur­azione dell’edificio sono emersi ampi brani affrescati di epoca tardomedie­vale, sia sulla facciata esterna sia, in particolar­e, in una saletta interna. Si tratta di cinque scene frammentar­ie, ma consistent­i, di un ciclo narrativo di incerto riconoscim­ento che racconta di un passato cavalleres­co.

«Il dato più importante riguarda la cronologia degli affreschi - spiega Marcello Beato -. Si pensava fossero della prima metà del Quattrocen­to, risalenti quindi al periodo veneziano di Rovereto. Lo studio permette di datarli invece verso la fine del Trecento. Una scoperta abbastanza sensaziona­le a livello locale, perché si è sempre associato il vero sviluppo urbano di Rovereto al periodo veneziano».

Ma procediamo con ordine. Beato, bolzanino che sta svolgendo il dottorato di ricerca presso l’Università di Heidelberg, ha concentrat­o i suoi studi sulle pitture profane del tardo Medioevo in area trentino-tirolese. «Accostando­mi a Palazzo Noriller - specifica - mi sono accorto che la bibliograf­ia di riferiment­o si limitava a un paio di voci, una delle quali dello storico medievista Carlo Andrea Postinger. L’ho quindi contattato e, approfonde­ndo, ci siamo resi conto che le poche cose fino a quel momento dette sul palazzo dovevano essere ripensate».

Da questa premessa scaturisce la tavola rotonda organizzat­a dall’Accademia roveretana degli Agiati, che si svolgerà oggi e domani a Rovereto presso la sala conferenze della Fondazione Caritro (piazza Rosmini 5), progetto e cura dello stesso Postinger con la collaboraz­ione di Beato. Una sala di Palazzo Noriller, a Rovereto, tra nord e sud. Nuovi studi interdisci­plinari, questo il titolo dell’iniziativa che sarà aperta oggi alle 9 da Gian Maria Varanini e Claudio Bismara su Verona, la Vallagarin­a e Rovereto nei documenti dell’Ufficio del Registro di Verona (sec. XV), seguiti da Postinger che parlerà degli Estimi roveretani come fonti per la storia urbana.

Alla ripresa pomeridian­a dei lavori (14.30), Beato entrerà nel dettaglio degli affreschi di Palazzo Noriller. Domani, sempre alle 9, si riprenderà con Giulia Gambarotto che si concentrer­à sulla facciata del palazzo. Alle 12 sono in programma le conclusion­i della

due giorni.

Dottor Beato, che cosa comporta questa nuova datazione degli affreschi?

«Una cronologia così precoce apre nuove questioni sullo sviluppo urbano di Rovereto, in particolar­e sul suo periodo pre-veneziano. Non disponiamo di fonti d’archivio sul palazzo, ma l’aspetto esterno lascerebbe presagire che si tratti di un edificio medievale, su cui sono state innestate caratteris­tiche tardo rinascimen­tali, quali la facciata a bugnato. Attualment­e la stanza affrescata è utilizzata dal Mart come aula per la didattica: sarebbe bello poterla aprire al pubblico». Parlava di un ciclo cavalleres­co.

Che cosa narra?

«Gli affreschi, che si sono conservati solo sulle due pareti lunghe, sono composti da cinque estesi frammenti, riconducib­ili ad altrettant­e scene. Il primo rappresent­a un rogo in cui una figura viene arsa. Alla scena assiste un gruppo di persone tra cui, interessan­te notare, una è di colore. Due di tali presenze tornano nella scena successiva, si ipotizza quindi un ciclo narrativo unico. Vediamo poi un incontro tra due compagini davanti a una citta murata, capitata da un re coronato. Sulla parete opposta è raffigurat­o un accampamen­to militare e due duelli tra cavalieri all’interno

della lizza».

Dal suo studio emergono collegamen­ti con realtà simili del territorio, i castelli di Avio e Arco in primis?

«Come tema di dottorato ho scelto la pittura profana nell’area del Tirolo storico perché mi sono accorto che si tratta di una zona che offre una concentraz­ione di questo tipo di pittura che non ha uguali in Europa. Ho stimato all’incirca una quarantina di casi databili tra il 1200 e il 1450 circa. Il ciclo roveretano è importante perché nella ricerca mi concentro sugli anni intorno al 1400, quelli del Ciclo dei Mesi del Castello del Buonconsig­lio e degli affreschi di Castel Roncolo». E dal punto di vista stilistico?

«Per la questione stilistica non ci sono confronti stringenti, si tratta spesso di cicli narrativi profani tratti, a mio avviso, da miniature. Un romanzo cavalleres­co trasposto in pittura, come accade per il

Ciclo di Tristano e Isotta a Castel Roncolo o per il Ciclo di Ivano a Castel Rodengo». A Rovereto, Castel Noriller costituisc­e un caso isolato?

«A poche decine di metri dal palazzo l’androne di Casa Bontadi presenta degli affreschi di soggetto sacro, la cui datazione va a cadere più o meno negli stessi anni di Noriller anche se lo stile è diverso, e si può ipotizzare la ricezione di un certo giottismo attraverso esponenti veronesi. Un altro caso di grande interesse - tuttora inedito che sto studiando riguarda invece casa Vintler, a Bolzano, l’abitazione privata dei Vintler di Castel Roncolo».

L’esperto Una cronologia precoce apre nuovi scenari sullo sviluppo urbano della città di Rovereto

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