Palazzo Noriller Gli affreschi sono del Trecento
Lo studio La datazione degli affreschi rivoluziona la storia del Palazzo Beato colloca le pitture roveretane un secolo prima del periodo veneziano
Palazzo Noriller, a Rovereto. Siamo in via della Terra, la parte antica della città. Negli anni Novanta del Novecento, durante alcuni lavori di ristrutturazione dell’edificio sono emersi ampi brani affrescati di epoca tardomedievale, sia sulla facciata esterna sia, in particolare, in una saletta interna. Si tratta di cinque scene frammentarie, ma consistenti, di un ciclo narrativo di incerto riconoscimento che racconta di un passato cavalleresco.
«Il dato più importante riguarda la cronologia degli affreschi - spiega Marcello Beato -. Si pensava fossero della prima metà del Quattrocento, risalenti quindi al periodo veneziano di Rovereto. Lo studio permette di datarli invece verso la fine del Trecento. Una scoperta abbastanza sensazionale a livello locale, perché si è sempre associato il vero sviluppo urbano di Rovereto al periodo veneziano».
Ma procediamo con ordine. Beato, bolzanino che sta svolgendo il dottorato di ricerca presso l’Università di Heidelberg, ha concentrato i suoi studi sulle pitture profane del tardo Medioevo in area trentino-tirolese. «Accostandomi a Palazzo Noriller - specifica - mi sono accorto che la bibliografia di riferimento si limitava a un paio di voci, una delle quali dello storico medievista Carlo Andrea Postinger. L’ho quindi contattato e, approfondendo, ci siamo resi conto che le poche cose fino a quel momento dette sul palazzo dovevano essere ripensate».
Da questa premessa scaturisce la tavola rotonda organizzata dall’Accademia roveretana degli Agiati, che si svolgerà oggi e domani a Rovereto presso la sala conferenze della Fondazione Caritro (piazza Rosmini 5), progetto e cura dello stesso Postinger con la collaborazione di Beato. Una sala di Palazzo Noriller, a Rovereto, tra nord e sud. Nuovi studi interdisciplinari, questo il titolo dell’iniziativa che sarà aperta oggi alle 9 da Gian Maria Varanini e Claudio Bismara su Verona, la Vallagarina e Rovereto nei documenti dell’Ufficio del Registro di Verona (sec. XV), seguiti da Postinger che parlerà degli Estimi roveretani come fonti per la storia urbana.
Alla ripresa pomeridiana dei lavori (14.30), Beato entrerà nel dettaglio degli affreschi di Palazzo Noriller. Domani, sempre alle 9, si riprenderà con Giulia Gambarotto che si concentrerà sulla facciata del palazzo. Alle 12 sono in programma le conclusioni della
due giorni.
Dottor Beato, che cosa comporta questa nuova datazione degli affreschi?
«Una cronologia così precoce apre nuove questioni sullo sviluppo urbano di Rovereto, in particolare sul suo periodo pre-veneziano. Non disponiamo di fonti d’archivio sul palazzo, ma l’aspetto esterno lascerebbe presagire che si tratti di un edificio medievale, su cui sono state innestate caratteristiche tardo rinascimentali, quali la facciata a bugnato. Attualmente la stanza affrescata è utilizzata dal Mart come aula per la didattica: sarebbe bello poterla aprire al pubblico». Parlava di un ciclo cavalleresco.
Che cosa narra?
«Gli affreschi, che si sono conservati solo sulle due pareti lunghe, sono composti da cinque estesi frammenti, riconducibili ad altrettante scene. Il primo rappresenta un rogo in cui una figura viene arsa. Alla scena assiste un gruppo di persone tra cui, interessante notare, una è di colore. Due di tali presenze tornano nella scena successiva, si ipotizza quindi un ciclo narrativo unico. Vediamo poi un incontro tra due compagini davanti a una citta murata, capitata da un re coronato. Sulla parete opposta è raffigurato un accampamento militare e due duelli tra cavalieri all’interno
della lizza».
Dal suo studio emergono collegamenti con realtà simili del territorio, i castelli di Avio e Arco in primis?
«Come tema di dottorato ho scelto la pittura profana nell’area del Tirolo storico perché mi sono accorto che si tratta di una zona che offre una concentrazione di questo tipo di pittura che non ha uguali in Europa. Ho stimato all’incirca una quarantina di casi databili tra il 1200 e il 1450 circa. Il ciclo roveretano è importante perché nella ricerca mi concentro sugli anni intorno al 1400, quelli del Ciclo dei Mesi del Castello del Buonconsiglio e degli affreschi di Castel Roncolo». E dal punto di vista stilistico?
«Per la questione stilistica non ci sono confronti stringenti, si tratta spesso di cicli narrativi profani tratti, a mio avviso, da miniature. Un romanzo cavalleresco trasposto in pittura, come accade per il
Ciclo di Tristano e Isotta a Castel Roncolo o per il Ciclo di Ivano a Castel Rodengo». A Rovereto, Castel Noriller costituisce un caso isolato?
«A poche decine di metri dal palazzo l’androne di Casa Bontadi presenta degli affreschi di soggetto sacro, la cui datazione va a cadere più o meno negli stessi anni di Noriller anche se lo stile è diverso, e si può ipotizzare la ricezione di un certo giottismo attraverso esponenti veronesi. Un altro caso di grande interesse - tuttora inedito che sto studiando riguarda invece casa Vintler, a Bolzano, l’abitazione privata dei Vintler di Castel Roncolo».
L’esperto Una cronologia precoce apre nuovi scenari sullo sviluppo urbano della città di Rovereto