L'urgenza di ritornare alla storia come ha sempre fatto Antonelli
Ritornare alla storia: queste parole, con cui titolavo l’ultimo paragrafo del libretto edito dall’associazione Oscar Romero dedicato a Cesare Battisti («La tragedia, la memoria, l’eredità»), devono valere a maggior ragione oggi, a cent’anni dalla fine del primo conflitto mondiale, come ha opportunamente sottolineato in chiusura del suo editoriale di ieri Simone Casalini: «Le agenzie educative, come la scuola, devono poter attingere da istituzioni culturali riconosciute, da specialisti del sapere». È quanto pare non aver compreso il presidente Rossi, là dove dichiara che «lo storico Antonelli dovrebbe ben sapere che nel nostro Paese ogni riferimento al Tirolo asburgico è stato più volte nascosto e messo in secondo piano dalla storiografia, oscurando la pluralità del nostro territorio». Mi chiedo e lo chiedo al presidente Rossi: cosa ha fatto e sta ancora facendo Quinto Antonelli se non descrivere la lacerazione profonda che la Grande guerra produsse nei sentimenti dei popoli alpini? Per Cesare Battisti fu, per l’appunto, come sostenne Paolo Spriano, un dramma profondo; per le decine di migliaia di contadini della nostra regione inviati con la coscrizione obbligatoria sul fronte galiziano e sui Carpazi, lo fu altrettanto.
Inviterei tutti a rivestire, come ha saputo fare egregiamente Antonelli, a cui e stato affidato l’allestimento delle nuove sale espositive della fondazione Museo storico nelle pertinenze del Castello, il ruolo che loro compete. Ai responsabili politici, non far mancare i mezzi e l’attenzione dovuta alle istituzioni formative; agli storici silenti non far mancare la solidarietà a quanti hanno svolto e svolgono con senso del dovere il proprio ruolo di formatori. * Storico, esponente di Leu