Polveri sottili, l’80% provocato da stufe con legna
TRENTO «In Trentino l’80% delle Pm10 proviene dal riscaldamento domestico, sopratutto dall’uso della legna». È con queste parole che l’ingegnere Laura Pretto, dell’Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente (Appa), ha aperto il workshop «Combustione della biomassa legnosa e qualità dell’aria» tenutosi ieri all’Associazione Artigiani di Trento.
Ma quanta legna viene utilizzata negli ambienti domestici in Trentino? Secondo un’indagine del 2016, effettuata su 1420 famiglie residenti, il consumo medio per famiglia è di 25 quintali contro i 31 registrati nel 2012. Inoltre, il 48% delle famiglie trentine utilizza almeno un sistema a legna con percentuali che arrivano fino al 90% per quelle che vivono oltre gli 800 metri.
«Dal 2012 al 2016 — spiega Pretto — la percentuale di stufe tradizionali a legna è passata dal 63% al 56,9% mentre le stufe innovative dal 24,4% al 31,7% e quelle a pellet dal 5,6% al 6%». Un primo segnale di cambiamento, ma che tuttavia sembra non bastare. «Dobbiamo puntare — continua — ad un tasso più elevato di sostituzioni per vedere risultati sulla qualità dell’aria».
Se è vero che una stufa a pellet inquina meno di una stufa tradizionale a legna — i sistemi a legna emettono 254 grammi di Pm10 per unità di energia consumata rispetto al pellet che ne emette 85 —, è altrettanto certo che anche le abitudini quotidiane influenzano le emissioni inquinanti.
«Una legna con umidità del 30% — spiega l’ingegnere Lavinia Laiti — rilascia emissioni di Pm10 dieci volte più alte rispetto ad un legno con un’umidita del 20%. Anche la misura dei ciocchi va ad influire sulla quantità di emissioni perché ciocchi più piccoli emettono tra le 3 e le 5 volte di più rispetto a ciocchi più grandi».
Se l’uso del pellet sembra sia una soluzione meno inquinante bisogna però tener conto che una differenza fondamentale la fa la qualità del prodotto. «Il pellet di basa qualità — spiega ancora l’ingegnere di Appa — origina fattori di emissione 4-5 volte più alti rispetto a quelli di alta qualità».
L’ingegnere Lavinia Laiti ha spiegato ai tanti artigiani presenti in sala che le Pm10 così come le Pm2.5 in Trentino rispettano i valori di soglia «ma permangono delle criticità negli abitati montani».
In un’indagine ambientale eseguita a Storo tra agosto 2013 e agosto 2014 si è notato che le concentrazioni di Pm10, sopratutto nel periodo invernale, sono più alte delle altre zone di monitoraggio. «Queste criticità nel periodo invernale — spiega Laiti — sono dovute alle condizioni atmosferiche avverse alla dispersione degli inquinanti in atmosfera».
Pretto La legna con umidità del 30% rilascia emissioni dieci volte superiori a quella del 20%