Altre Tendenze porta al Sociale «Ma» Al centro, la figura della madre in Pasolini Il regista: «Parola e maternità come inizio»
Un appuntamento imperdibile per tutti gli appassionati di teatro, ma anche per chi voglia scoprire uno dei massimi intellettuali del nostro tempo attraverso uno spettacolo di grande raffinatezza.
Arriva al Teatro Sociale di Trento martedì alle 20.30 per la rassegna Altre Tendenze del Centro Santa Chiara lo spettacolo Ma della compagnia Stabilemobile di Antonio Latella. Un lavoro che indaga la figura della madre nell’opera di Pier Paolo Pasolini grazie a uno straordinario poker d’assi. Interpretato dal premio Ubu 2013 Candida Nieri in dialogo con le musiche del sound designer e compositore Franco Visioli, lo spettacolo porta la firma registica del direttore di Biennale Teatro di Venezia Antonio Latella ed è nato dalla penna e dalla ricerca della drammaturga Linda Dalisi.
Linda Dalisi, da dove nasce il titolo di «Ma»?
«Innanzi tutto è la particella avversativa. Ma è anche e soprattutto la prima parola che un bambino pronuncia quando gli chiediamo di dire “mamma”. Il punto di partenza è la nascita della parola e il senso di maternità. Questo titolo è stato una delle prime certezze dello spettacolo».
Da dove è partita la ricerca sull’opera di Pasolini?
«L’inizio è stato la madre, non solo la madre di Pasolini in senso biografico, ma soprattutto la madre nell’opera di Pasolini. Mamma Roma, Medea, ma anche Petrolio, Porcile, le poesie: abbiamo cercato tutte le madri tentando di capire come lui si confronti con questa figura. Il passaggio successivo è stato riflettere sulla sua madre-lingua, il friulano, ma anche la lingua come atto di chi genera scrivendo. A un certo punto ci siamo resi conto che Pasolini ha lasciato dei figli: le sue opere. Pasolini è quindi padre e madre insieme. Così il lavoro, nato da una riflessione sulla maternità, si è sviluppato includendo anche il confronto con i padri e con le relazioni che intessiamo con queste figure quando siamo piccoli».
Qual è stata la relazione di lavoro con Antonio Latella, Franco Visioli e Candida Nieri?
«I processi creativi variano da lavoro a lavoro, ma sono sempre percorsi che partono da lontano, una sorta di magma che ribolle e che viene continuamente elaborato. La prima cosa che mi ha chiesto Antonio Latella è stato “scrivi uno Stabat Mater”, una madre addolorata sotto la croce. La prima versione del testo è stata poi data a Franco Visioli che attraverso il suo lavoro ha frammentato e scomposto le parole e infine Antonio ha rielaborato il tutto mettendolo in scena. L’intero spettacolo è stato costruito appositamente per Candida e per il suo modo di “suonare” in scena perché l’intento era costruire un vomito di parole, una sorta di poesia musicale».
Cosa insegna Pasolini oggi?
«Pasolini ha a che fare con il coraggio, con la forza creatrice delle parole. Insegna ancora una volta a confrontarsi con la necessità delle parole, una necessità profonda che ci spinge a lottare per il teatro, la ricerca, la scuola, per tutte le cose che sembrano vacillare. Parlo con il pudore e la soggezione che mi impone una figura simile. Ovviamente non parlo di confronto: il mio, come quello di Candida in scena, è solo il tentativo di mettersi le scarpe giganti del padre e provare a camminare».