Schizofrenia, mappate le aree sensoriali
Lo studio dell’Iit individua le regioni cerebrali coinvolte. Bifone: «Ora terapie mirate»
Ora si potranno definire terapie mirate. Il centro Iit di Rovereto ha infatti individuato le regioni cerebrali coinvolte nelle distorsioni sensoriali tipiche dei malati di schizofrenia.
Lo studio, pubblicato sulla rivista internazionale «Neuroimage: Clinical», localizza le regioni cerebrali segnate da un’alterazione della connettività funzionale nelle persone affette da schizofrenia, ossia da una sorta di malfunzionamento comunicativo tra zone diverse del cervello. L’esito della ricerca, che per due anni ha impegnato gli scienziati dell’Istituto italiano di tecnologia (Iit) di Rovereto è sintetizzato da Angelo Bifone, coordinatore del gruppo di studio: «Comprendere quali siano le regioni cerebrali all’origine della malattia — spiega — è il primo passo per programmare terapie farmacologiche mirate».
Due anni di lavoro, quattro tra ricercatrici e ricercatori coinvolti, altrettante competenze nel campo della fisica, della psicologia, computer science. Ancora: 78 pazienti affetti da schizofrenia monitorati, altri 94 «sani» per comparare i dati. Lo studio, condotto dal Centro per le neuroscienze e i sistemi cognitivi (Cncs) dell’Iit di Rovereto, è stato complesso ma l’esito ripaga gli sforzi. «È un passo avanti nella comprensione dei meccanismi neurobiologici che si manifestano nella schizofrenia», rimarca Bifone che spiega il senso della ricerca. «Negli ultimi anni — dice — con l’avvento di tecniche di neuroimmagine si è dimostrato che la schizofrenia è associata alla frammentazione della connettività funzionale, ossia al malfunzionamento della comunicazione tra diverse aree della corteccia cerebrale». Tuttavia prima di questo studio non si sapeva quali fossero le aree interessate, ipotizzando quelle della corteccia frontale dove risiedono le funzioni cognitive più elevate come linguaggio e programmazione di azioni.
Ed ecco la novità che amplifica le conoscenze scientifiche sino a oggi disponibili. La ricerca sviluppata a Rovereto contraddice la teoria più accreditata circa l’origine delle alterazioni sensoriali. Il confronto delle immagini dell’attività del cervello rilevate con la tecnica della risonanza magnetica funzionale indica invece che le aree della corteccia frontale non sono alterate, ma che avvengono alterazioni della percezione iniziale del segnale che si riverberano sulle funzioni cognitive superiori, alterandole. Per la prima autrice della ricerca, Cécile Bordier, ciò indica che «la comunicazione è già alterata ad un livello molto basso dell’elaborazione del segnale».
Lo studio attesta quindi — e per la prima volta — che la frammentazione della connettività funzionale avviene già a livello delle aree sensoriali primarie della corteccia cerebrale, quelle preposte all’elaborazione di base degli input visivi e uditivi. «Con sorpresa — rimarca Bifone — non abbiamo osservato alterazioni della connettività funzionale nelle aree cerebrali frontali».
Ora quali saranno le ricadute pratiche dopo questa scoperta? «Manteniamo cautela», premette Bifone che, tuttavia, intravede già «il primo passo per programmare terapie farmacologiche più mirate» contro la schizofrenia. Una patologia che in Italia colpisce circa 250.000 persone; 3,5 milioni in Europa e approssimativamente 24 milioni a livello mondiale.