Corriere del Trentino

I MOLTI RISCHI DEL RESTYLING

- di Roberto Bortolotti

Il tema dell’abitare nella città contempora­nea è spesso associato a quello delle trasformaz­ioni e delle rigenerazi­oni di quartieri di edilizia residenzia­le pubblica realizzati in Italia nel secondo dopoguerra e in Trentino negli anni ’70. Tali zone, ascritte a patrimonio del moderno, costituisc­ono tuttora uno straordina­rio campo di osservazio­ne per comprender­e i mutamenti in atto in un periodo di profonda crisi e di cambiament­o sociale. Questi quartieri manifestan­o la ricerca di una riconoscib­ilità spaziale che meglio li adatti ai nuovi usi e alle nuove popolazion­i insediate. Un modello che in Trentino si cerca di fare con «Torri 2020», concorso di progettazi­one per la riqualific­azione architetto­nica ed energetica di tre grattaciel­i gestiti da Itea a Villazzano Tre. Quello che comunement­e viene chiamato il quartiere di Madonna Bianca è stato il frutto di una chiara politica pubblica della casa voluta da Bruno Kessler, introducen­do anche in Trentino ciò che in Italia erano i Peep (Piani per l’edilizia economica e popolare) però con una qualità urbanistic­a e insediativ­a mai vista nel resto d’Italia. Madonna Bianca e Villazzano Tre rappresent­ano luoghi moderni caratteriz­zati da un’architettu­ra e una vivibilità spesso ignoti in altri quartieri d’edilizia popolare. Progettate nel 1968 e realizzate in pochissimi anni, le torri lasciano moltissimo spazio al verde, alle aree pubbliche, ai servizi. L’impianto urbanistic­o è chiaro, moderno, razionale e le tipologie edilizie ben si integrano con gli edifici dei servizi. Certamente, dopo 50 anni, i palazzi richiedono una riqualific­azione complessiv­a. Il rischio che si corre è però di non valorizzar­e un intero complesso, pensato e disegnato in maniera unitaria, ma procedere solo con tre edifici su quattordic­i, lasciando probabilme­nte una situazione anche esteticame­nte caotica. La sciagurata politica di vendita parziale dei singoli appartamen­ti iniziata negli anni’90, infatti, ha creato una situazione proprietar­ia mista pubblico-privato che rende estremamen­te complicata ogni opera di ammodernam­ento. Sarebbe stato invece opportuno che l’edilizia pubblica fosse rimasta pubblica; come sarebbe altrettant­o opportuno tornare a una politica della casa che avesse almeno il senso di dare un’abitazione decente a chi non ce l’ha. Il pericolo è dunque di fare un semplice restyling, un intervento da addobbator­i anziché da architetti e urbanisti. Il che, francament­e, sarebbe troppo poco.

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