Corriere del Trentino

Uccise l’amico per errore: «Una tragedia»

Alberto Brinis non si dà pace: «Sono distrutto». L’accusa: omicidio colposo

- A. R. T.

TRENTO «Sono distrutto». A lacerare lo spirito di Alberto Brinis è la tragedia che ha segnato per sempre la sua vita: «C’era molta nebbia, pioviggina­va e si scivolava. Stavo camminando con il fucile vicino al mio accompagna­tore, Janos, uno del posto. A un certo punto ho urtato qualcosa con il piede sinistro, sono inciampato, ho stretto istintivam­ente il fucile toccando il grilletto ed è partito il colpo». Il proiettile raggiunge Marco Coller che poco dopo spira fra le sue braccia.

È il drammatico racconto dei pochi secondi che hanno segnato per sempre l’imprendito­re trentino e interrotto la vita del suo carissimo amico durante una battuta di caccia in Ungheria il 24 novembre 2017. Istanti che Brinis ha raccontato dalle pagine del Corriere della Sera di ieri in un’intervista rilasciata ad Andrea Pasqualett­o.

«È davvero molto provato» dice di lui l’avvocato Maurizio Paniz, suo difensore. Oltre al ricordo drammatico di quei momenti terribili, infatti, il 60enne sta affrontand­o anche un procedimen­to penale in Ungheria. Il 28 marzo Brinis ha fatto ritorno in Trentino al termine degli arresti disposti nei suoi confronti, i cui termini sono scaduti il 27. Il 29, però, è arrivata la notifica di una proroga della misura di altri due mesi. Così oggi il pubblico ministero Peter Perecz, titolare del fascicolo, chiede la sua detenzione. La Procura ungherese contesta al 60enne il reato di omicidio colposo ma al momento il procedimen­to è ancora alla fase istruttori­a e il rinvio a giudizio non è ancora stato chiesto. Pm e giudice istruttore, Farkas Ermese, ritengono però che quanto accaduto sia dovuto al mancato rispetto di alcune regole vigenti nella riserva in cui i cacciatori si erano recati, ad Aka. «Ma non hanno mai detto niente di quel regolament­o — spiega il cacciatore dalle pagine del Corriere della Sera — Tra l’altro il guardiacac­cia non doveva portare Marco così vicino a me». Appena 90 metri è la distanza dalla quale è partito il colpo fatale.

Ora Brinis sta cercando di riprendere a vivere, ma è difficile. «Sto cercando di uscirne con uno psichiatra» confessa a Pasqualett­o, immaginand­o un futuro di impegno nel sociale e senza caccia: «Non ci andrò più».

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In compagnia Alberto Brinis con amici

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