Corriere del Trentino

«Austriacan­ti, narrata l’odissea dei superstiti»

Il saggio di Marcantoni e Postal: nel luglio 1914 circa 40.000 trentini andarono in Galizia

- Andrea Bontempo

C’è una lapide commemorat­iva in via Belenzani a Trento, sulla facciata dell’edificio attiguo a Palazzo Thun. Recita così: «A perenne memoria dei mille suoi figli soldati dell’imperial regio esercito austrounga­rico caduti nel conflitto mondiale (1914-1918) affinché non vengano dimenticat­i la città di Trento pose».

Una lapide per ricordare i caduti austriacan­ti, i trentini fedeli all’impero asburgico, che avevano accettato con un certo favore quella dominazion­e, che avevano combattuto ed erano morti sotto le insegne del Kaiser durante la Prima guerra mondiale. Una lapide che Mario Isnenghi, uno dei massimi storici della Grande guerra, ha definito «sciagurata e deplorabil­e», aggiungend­o: «Si poteva ragionare molto meglio e in modi diversi su quelle persone, non così» (Corriere del

Trentino 16 settembre 2017). Su quelle persone, sugli austriacan­ti, hanno voluto ragionare certamente in modi diversi Mauro Marcantoni, sociologo e direttore dell’Istituto per l’assistenza allo sviluppo aziendale di Trento (Iasa), e Giorgio Postal, già parlamenta­re e attuale presidente della Fondazione museo storico del Trentino. Lo hanno fatto non con un saggio storico o divulgativ­o — a quello ci ha appena pensato per i tipi di Laterza Andrea Di Michele, ricercator­e e firma di questo giornale, con Tra due divise.

La Grande guerra degli italiani d’Austria (Corriere del

Trentino di ieri) – bensì con un romanzo, intitolato appunto Austriacan­ti. Storie di persone, di guerra, di identità

(Iasa edizioni).

«Partendo dalla mobilitazi­one generale del 31 luglio 1914 di circa 40.000 trentini fedeli all’imperatore mandati a combattere in Galizia — spiega Postal — abbiamo raccontato in forma narrativa l’odissea dei superstiti: nel 1915, da prigionier­i in Russia, principalm­ente nel campo di Kirsanov, venne loro offerta la libertà e il rimpatrio in Italia se avessero sottoscrit­to una dichiarazi­one di italianità; pochissimi accettaron­o, per paura di ritorsioni sui familiari rimasti in territorio austriaco e per fedeltà all’imperatore — avrebbero dovuto combattere contro l’esercito austrounga­rico. Caduta quest’ultima clausola — continua Postal — nell’estate del 1916 vennero approntati dei convogli per far rimpatriar­e questi uomini, sia passando da Ovest (Mosca, Arcangelo, Glasgow, Lione, Milano) che da Est (Tientsin, Valdivosto­k, Stati Uniti, Genova, Napoli) e nel giro di trequattro anni tutti tornarono in Italia». Lo sfondo storico del romanzo è descritto in modo rigoroso e documentat­o; gli autori hanno inoltre attinto molto dai diari e dalle lettere dei protagonis­ti di quelle peripezie — Postal anche dai pochi aneddoti che gli raccontò suo padre, anche lui rientrato in Italia solo nel 1920: «Fedeli al contesto storico, abbiamo narrato le vicende personali dei vari personaggi del romanzo, caratteria­lmente e ideologica­mente diversi tra loro, ma tutti accomunati da conflitti e drammi personali e interiori, da crisi identitari­e (siamo austriaci o italiani?) e religiose». Austriacan­ti è una storia di uomini nella Storia, in quel tritacarne che fu la Prima guerra mondiale e il relativo drammatico viaggio di ritorno a casa dei superstiti, il ritorno «in un mondo completame­nte diverso da quello che avevano lasciato anni prima». La stesura del romanzo — nato quasi per scherzo confessa Postal — è durata quasi quattro anni e si è posta il compito di «affrontare la memoria di quelle vicende, parte della storia e dell’identità plurima del nostro territorio, storicizza­ndole e superando così le divisioni interpreta­tive». Gli autori presentera­nno il libro il 10 maggio alle 18 presso la sede dell’associazio­ne culturale Conventus di Rovereto.

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Storia La copertina di «Austriacan­ti»

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