Celestini a Bolzano «Racconto le periferie»
L’attore apre lunedì la rassegna in piazza Matteotti
Ascanio Celestini è un attore e autore drammaturgico che di periferie non si è ancora stufato. Le racconta, anzi, a teatro con quella passione e quella calligrafica scrittura attenta che lo hanno portato a girare i teatri italiani in lungo e in largo, a vincere ben due premi Ubu (i veri Oscar del teatro), a permettersi sempre un linguaggio franco eppure colto. Celestini sarà il protagonista della prima serata del
Festival Resistenze lunedì alle 20.30 in piazza Matteotti a Bolzano e vi tornerà presto, chiamato dal direttore del Teatro stabile Walter Zambaldi. Il prossimo 4 dicembre rappresenterà lo spettacolo
Laika e nella stagione successiva un altro suo spettacolo.
Celestini, lei affronterà lunedì a Resistenze gli stereotipi delle periferie, lei che vive a Morena, a Roma. Ma prima le chiedo: lei come le conosce, le periferie?
«Ah, certo. Vediamo di verificare come funziona almeno “una” periferia. Per prima cosa, esiste una sorta di dissociazione nelle persone che vivono in periferia».
Ovvero?
«Sentono che il mondo sta lì, c’è la loro casa, il loro lavoro ma non sempre, magari dove si è anche nati. E del resto, se funziona male il cosiddetto ascensore sociale, non funziona neanche il passaggio dal centro alla periferia e viceversa. E la dissociazione risiede nel fatto che chi abita in periferia la percepisce come una sorta di centro ma avverte anche che il centro “vero” sta da un’altra parte. Un bel problema». Problema da qualche anno in parte scavalcato dalla Rete?
«Sì. Non si pone più il centro in un luogo fisico ma in un luogo virtuale».
Lei racconta da anni, e in modo intensissimo, la periferia a partire dalle singole storie. Perché?
«Innanzitutto per un mio interesse personale: a me interessano le storie delle persone. Le intervisto, mi interessa il loro punto di vista. Ricordo spesso che nel racconto di una contadina emiliana c’era la frase “nel nostro cortile c’era la villa del padrone”. Se dovessimo essere tra virgolette “neutrali” dovremmo in«Che vece dire che nel cortile del padrone c’era l’abitazione dei contadini. Ma quella contadina stava lì, con i suoi piedi e i suoi occhi e così raccontava…».
Quindi, se lei raccoglie la storia degli esseri umani deve partire da lì.
«Appunto. L’individuo mi deve raccontare la “sua” storia ma una versione della narrazione globale». E allora che cosa è la periferia?
«La periferia è quando vi è morto qualcuno, quando è stato occupato un palazzo. Ma quando si parte dalla persona la storia diventa molto più ricca».
Secondo lei le periferie delle grandi città sono come quelle dei comuni medio-piccoli, magari più sani o risanati?
siano più sani, non lo so… Sicuramente, c’è una attenzione maggiore. Alludo ai meccanismi per i quali si porta la cultura in periferia, le biblioteche e le piste ciclabili. Con decisione prese dell’alto. Comunque, è chiaro, la vita nelle periferie dei centri piccoli è differente rispetto a quelle delle metropoli. La periferia di Roma o di Napoli o di Palermo sarà anche più “pittoresca”. Ma una differenza c’è almeno nei servizi di base: i bus, i collegamenti, la pulizia, eccetera».
Il suo teatro documenta la realtà. La politica che ruolo ricopre?
«Fino agli anni Settanta esisteva una politica che veniva condivisa con i cittadini. Oggi non più».