Iris, pianta dell’Asia minore Le sue radici amano il sole
Proseguendo il discorso sugli iris, fiore conosciuto da tutti, vorrei aggiungere alcune informazioni, che forse sono interessanti per gli amanti del fiore. Per esempio: il giglio sullo stemma di Firenze non è un giglio, ma un’Iris bianco, detto perciò Iris fiorentina. La pianta non è fiorentina, ma proviene dall’Asia minore. La conoscevano dall’antichità tutti i popoli che vivevano attorno al Mediterraneo. Sono stati gli Arabi a coltivarla per primi: nella loro cultura era fiore da cimitero. Il nome botanico della pianta sarebbe Iris barbata; i toscani la chiamano invece giaggiolo. Ogni petalo del fiore ha un nome tutto suo: i petali eretti si chiamano «vessilli», «ali» quelli ricadenti, che hanno «barbe» più o meno colorate.
Molteplici sono le virtù di questa pianta: fino alla Prima guerra mondiale i profumieri ricavavano dal suo rizoma — cioè la grossa radice — dopo averlo sbucciato, seccato e polverizzato, quel profumo di viole che era poi usato per ciprie, saponi e creme. Nel 1876 si esportavano dalla Toscana circa centomila quintali di radice non lavorata. Nel paese in cui sono nata e cresciuta, le mamme ancora oggi scavano una radice di giaggiolo, la lavano, la liberano dalla «buccia» e la danno da masticare ai bambini a cui stanno spuntando i primi dentini: ha un’azione calmante sulle gengive infiammate.
Sono piante, come già accennato la settimana scorsa, di facilissima cultura e di grande resa. Gli iris non amano giardinieri troppo diligenti: solo chi li dimentica per alcuni anni si ritroverà gratificato da una ricca fioritura. Sarebbe meglio dunque limitarsi a recidere in estate i gambi dei fiori sfioriti, in autunno togliere le foglie seccate e poi consegnarle per un po’ — per 3 o 4 anni — al loro destino. Poi l’aiuola va liberata dalle infestanti. Se le gramigne la invadono, devono essere eliminate: i rizomi degli Iris non amano concorrenze. Dopo sette, otto anni la fioritura si esaurisce, se non si dividono i rizomi. Tendono ad allargarsi sempre più in cerca di terreno vergine, mentre all’interno dell’aiuola si crea un vuoto. Conviene, come già detto, estirpare i rizomi all’inizio di agosto, cambiare e arricchire la terra con terriccio di composta, ripiantando poi solo quelli più robusti e con almeno un germoglio. È l’unica pianta, credo, le cui radici amino il sole. Vanno interrate in orizzontale e coperte con pochissima terra. Dopo aver bagnato il terreno, devono affiorare per almeno un terzo del loro volume. Fioriscono in tutta la loro bellezza il secondo anno dopo il trapianto. Hanno bisogno di terra sassosa e magra. Il posto migliore per loro è una scarpata in pieno sole, dove non esistano pericoli di ristagno d’acqua.