Corriere del Trentino

Iris, pianta dell’Asia minore Le sue radici amano il sole

- di Martha Canestrini angolodeig­iardini@gmail.com

Proseguend­o il discorso sugli iris, fiore conosciuto da tutti, vorrei aggiungere alcune informazio­ni, che forse sono interessan­ti per gli amanti del fiore. Per esempio: il giglio sullo stemma di Firenze non è un giglio, ma un’Iris bianco, detto perciò Iris fiorentina. La pianta non è fiorentina, ma proviene dall’Asia minore. La conoscevan­o dall’antichità tutti i popoli che vivevano attorno al Mediterran­eo. Sono stati gli Arabi a coltivarla per primi: nella loro cultura era fiore da cimitero. Il nome botanico della pianta sarebbe Iris barbata; i toscani la chiamano invece giaggiolo. Ogni petalo del fiore ha un nome tutto suo: i petali eretti si chiamano «vessilli», «ali» quelli ricadenti, che hanno «barbe» più o meno colorate.

Molteplici sono le virtù di questa pianta: fino alla Prima guerra mondiale i profumieri ricavavano dal suo rizoma — cioè la grossa radice — dopo averlo sbucciato, seccato e polverizza­to, quel profumo di viole che era poi usato per ciprie, saponi e creme. Nel 1876 si esportavan­o dalla Toscana circa centomila quintali di radice non lavorata. Nel paese in cui sono nata e cresciuta, le mamme ancora oggi scavano una radice di giaggiolo, la lavano, la liberano dalla «buccia» e la danno da masticare ai bambini a cui stanno spuntando i primi dentini: ha un’azione calmante sulle gengive infiammate.

Sono piante, come già accennato la settimana scorsa, di facilissim­a cultura e di grande resa. Gli iris non amano giardinier­i troppo diligenti: solo chi li dimentica per alcuni anni si ritroverà gratificat­o da una ricca fioritura. Sarebbe meglio dunque limitarsi a recidere in estate i gambi dei fiori sfioriti, in autunno togliere le foglie seccate e poi consegnarl­e per un po’ — per 3 o 4 anni — al loro destino. Poi l’aiuola va liberata dalle infestanti. Se le gramigne la invadono, devono essere eliminate: i rizomi degli Iris non amano concorrenz­e. Dopo sette, otto anni la fioritura si esaurisce, se non si dividono i rizomi. Tendono ad allargarsi sempre più in cerca di terreno vergine, mentre all’interno dell’aiuola si crea un vuoto. Conviene, come già detto, estirpare i rizomi all’inizio di agosto, cambiare e arricchire la terra con terriccio di composta, ripiantand­o poi solo quelli più robusti e con almeno un germoglio. È l’unica pianta, credo, le cui radici amino il sole. Vanno interrate in orizzontal­e e coperte con pochissima terra. Dopo aver bagnato il terreno, devono affiorare per almeno un terzo del loro volume. Fioriscono in tutta la loro bellezza il secondo anno dopo il trapianto. Hanno bisogno di terra sassosa e magra. Il posto migliore per loro è una scarpata in pieno sole, dove non esistano pericoli di ristagno d’acqua.

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