Giustizia riparativa, oltre cento casi
Colpevole e vittima, confronto libero. Dal meccanico-ladro alla tomba profanata
Ricostruire la relazione tra autore e vittima di un reato, con un dialogo libero e volontario. E’ l’approccio della giustizia riparativa che in Trentino Alto Adige dal 2004 viene gestita da un centro regionale, caso unico in Italia. Nel 2017 sono stati 120 i casi trattati, soprattutto per reati contro persone e patrimonio. Dal confronto, supportato da un operatore, si decide la forma di riparazione più opportuna.
TRENTO Condivisione e aiuto reciproco per curare le ferite. Il superamento dell’idea della sanzione come pena e l’obiettivo di ricostruire una relazione. Rimettere le persone al centro, nello specifico la vittima di un reato: è questo lo scopo della giustizia riparativa, «un approccio ancora nuovo — spiega Daniela Arieti del Centro di giustizia riparativa della Regione — sul quale occorre lavorare ancora molto dal punto di vista culturale affinché possa diventare una possibilità per tutti». Quello del Trentino-Alto Adige, nato nel 2004, è l’unico centro in Italia a far parte di un’istituzione e nel 2017 ha trattato circa 120 casi.
Il dialogo che ripara
Libertà e volontarietà: sono questi i presupposti necessari a intraprendere un percorso di giustizia riparativa. Cosa significa nel concreto? «Coinvolgere la vittima di un reato in un dialogo con chi l’ha commesso — chiosa Arieti — affinché insieme, con l’aiuto di un terzo imparziale e il coinvolgimento della comunità, possano trovare la propria personale soluzione a quanto accaduto e decidere quale forma di riparazione risulti più opportuna». Non un modo per accorciare la durata di una pena, dunque, ma il tentativo di rimediare a un danno. Il crimine, in questo senso, viene visto anche come qualcosa che provoca la rottura di aspettative e legami sociali, e per questo ci si può attivare per tentare di ricomporre questa frattura.
Reati e proposte
Reati contro la persona e il patrimonio: sono questi gli illeciti più comuni per i quali il Centro è ricorso a un procedimento di giustizia riparativa. «Furti, rapine, estorsioni, lesioni, lievi ma anche più gravi — elenca Arieti — per quanto riguarda i minori c’è stato anche qualche caso di cyberbullismo, violenza e numerose segnalazioni per spaccio di sostanze stupefacenti». Anche se, potenzialmente, la giustizia riparativa è applicabile a qualsiasi tipo di reato, «a eccezione dei maltrattamenti in famiglia, per i quali la convenzione di Istanbul la sconsiglia». All’atto pratico, sono i tribunali (nella fase di sospensione del procedimento o durante le indagini preliminari), i giudi- ci di pace, i servizi sociali a segnalare i casi, pure minorili, al Centro. Anche l’istituto della messa alla prova si inscrive in questo percorso: ricorrere alla giustizia riparativa può essere considerato un plus, al di là delle decisioni processuali.
Lo strumento della mediazione vittima-autore, dunque una forma di dialogo diretto fra le parti, è il modus operandi più diffuso: «Ci permette di contattare le persone che ci vengono indicate e proporre loro un incontro congiunto — chiarisce la mediatrice — non un processo in piccolo, tuttavia: non si tratta di un modo per trovare la verità o la ragione, ma per confrontarsi su come ognuno abbia vissuto il fatto e per trovare insieme una riparazione appropriata». Insomma, con le aule dei tribunali questo tipo di mediazione ha ben poco a che fare: in gioco ci sono i desideri delle parti, la risposta a una domanda — non solo di giustizia — non esaurita. E all’autorità giudiziaria del contenuto degli incontri non viene riferito nulla, se non l’esito.
Valore simbolico
La riparazione ha spesso contenuto e valore simbolici (ne riferiamo in pagina). È il caso in cui nel reato siano coinvolti minori, adulti impegnati in un percorso di messa alla prova (anche se in questo caso il valore è maggiormente relazionale, visto che i soggetti implicati già svolgono un servizio socialmente utile). «I giudici di pace, invece, spesso segnalano casi in cui le parti offese richiedano un risarcimento economico» sottolinea Arieti.
Esistono, tuttavia, anche forme di «mediazione allargata» cui prendono parte più persone oppure vengano coinvolte nel caso in cui una parte offesa non sia del tutto identificabile (come nel reato di spaccio ad esempio o di resistenza a pubblico ufficiale).«Dal punto di vista culturale c’è da fare ancora tanto perché questo approccio possa diventare una possibilità per tutti — conclude Arieti — perché è di questo che stiamo parlando, di un’occasione che le persone che hanno dovuto superare una situazione difficile possono darsi».