Omran, volto della solitudine dei profughi
Migranti e profughi, Passerini racconta quaranta storie Nel libro del Margine «le cronache di una rivoluzione»
Quarantadue storie, raccontate da Vincenzo Passerini. Il libro edito dal Margine — La solitudine di Omran. Profughi e migranti, cronache
di una rivoluzione — sarà presentato mercoledì sera.
«La storia di Omran, questo bambino estratto vivo da un bombardamento ad Aleppo, credo rappresenti la solitudine dei profughi, ovunque reietti, rifiutati. Sono imprigionati nei campi profughi, nei centri di detenzione e quando arrivano da noi sono emarginati, e si sentono non soltanto soli ma addirittura criminalizzati». Per questo Vincenzo Passerini, presidente del Coordinamento nazionale comunità di accoglienza del Trentino-Alto Adige (Cnca), assume quanto accaduto a Omran quale emblema delle quarantadue storie che compongono il suo La solitudine di Omran. Profughi e migranti, cronache di una rivoluzione (Il Margine). Il libro, corredato dalle storie disegnate di Giorgio Romagnoni, consulente legale del Centro Astalli, sarà presentato mercoledì 2 maggio, ore 20.30, al Vigilianum di Trento (via Endrici). In dialogo con Passerini interverrà
Francesco Comina.
Corano e Bibbia insieme sull’altare; Mamma mia dammi 100 lire; Bolzano e Brennero, porte della speranza; Morte di Adan, ragazzino iracheno; Perché serve lo ius soli: bastano alcuni titoli dei capitoli per comprendere il respiro di questo libro che contiene la prefazione del presidente nazionale del Cnca Armando Zappolini e nelle ultime pagine anche la «Lettera aperta all’arcivescovo di Trento» sul campo profughi di Marco, presso Rovereto. Passerini, come nasce questa raccolta?
«Sono i tre anni cruciali della vicenda profughi che ho seguito sia scrivendo su diversi giornali sia documentando dal vivo, nel momento in cui gli avvenimenti nascono, questa rivoluzione dei profughi che ha sconvolto il nostro mondo. Tre anni per me molto impegnativi, in cui non ho rinunciato anche a dire le parole scomode, raccontando a livello internazionale, nazionale e regionale tale rivoluzione. Il disegno di Romagnoni poi aggiunge un’altra dimensione alla parola, e l’insieme
aiuta a penetrare un po’ di più in questo immenso universo dei profughi e dei migranti». Rivoluzione, lei introduce una parola molto forte nel sottotitolo.
«Come è tipico di ogni rivoluzione, quanto sta accadendo spiazza le nostre società, le coscienze, le famiglie, gli stessi partiti e costringe tutti a prendere posizione. Come l’ha definita una volta il direttore della Caritas, si tratta della più grande questione sociale del nostro tempo, e al pari di tutte le grandi questioni che esplodono, costringe le persone a schierarsi, fa uscire l’anima migliore e peggiore delle nostre società, quella razzista e violenta. C’è chi rifiuta, chi criminalizza la vittima, ma naturalmente c’è anche la generosità, il coraggio, e ancora, solidarietà, amicizia, capacità di resistere anche al senso comune di remare contro. Ci sono diverse storie splendide di accoglienza».
Una questione quella di profughi e migranti da cui nessuno può sentirsi escluso: ma a tutto questo possiamo dare un centro?
«È come se questa vicenda avesse aperto le viscere delle nostre comunità tutte, non solo italiane. Una rivoluzione mondiale che riguarda Europa, Stati Uniti, Messico, Brasile, Filippine, Corea, e che soprattutto non ha né centro né periferia. Noi che siamo terra periferica ci collochiamo lo stesso al centro di questa rivoluzione, pensiamo al corridoio del Brennero che ha visto passare decine di migliaia di persone. A Bolzano le nostre associazioni hanno accolto migliaia di profughi, ci siamo trovati così in uno dei crocevia cruciali in Europa, ma ogni nostro paesino, per quanto isolato, è chiamato a dire se “vuole o no i profughi”».
Nel libro sottolinea tre grandi questioni: umanitaria; demografica; delle guerre e delle ingiustizie internazionali.
«Di fronte al povero, a chi ha perso tutto, non dobbiamo avere dubbi ma tendere la mano e accogliere. Le nostre società benestanti possono e devono farlo, è un imperativo morale che se non ottemperato fa venire meno la nostra stessa civiltà, che pretende di essere umana. Bisogna capire che esiste una questione
cruciale alla base dei movimenti dei profughi, vale a dire le guerre e le povertà, e le guerre sono in primo luogo prodotte dal traffico di armi, in gran parte quindi responsabilità dell’Occidente. Di fatto l’Occidente crea i profughi che poi si rifiuta di accogliere. Tre quarti di quelli che raggiungono l’Europa provengono da Siria, Iraq, Afghanistan». È necessario quindi affrontare le cause: in che modo si può intervenire?
«Se non si agisce sulle cause il problema non si può risolvere. Si continua a ripetere “aiutiamoli a casa loro”, ma allora bisogna smettere di vendere le armi ai loro regimi, smettere di usare le loro risorse, cambiare radicalmente politica internazionale, agire sulle spaventose disuguaglianze a livello mondiale. Non possiamo immaginare di fermare nei prossimi anni migliaia di persone che fuggono da guerre, persecuzioni, disastri, povertà in cerca di un futuro migliore, continuando a costruire muri».
Quanto sta accadendo spiazza le coscienze e costringe tutti a prendere posizione Non possiamo immaginare di fermare migliaia di persone in fuga dalla guerra