Premio Itas a Casati «Il mio testo nasce dal freddo»
La cerimonia al Sociale Menzione speciale per il trentino «Echi nel silenzio»
Èitaliano uno dei tre titoli che si aggiudica il Premio Itas del libro di montagna, il concorso letterario dedicato alle alte vette, alla sua 44^ edizione e tornato a scadenza annuale. Ieri, al Teatro Sociale, i tre vincitori hanno ritirato il premio dalle mani dello scrittore Enrico Brizzi, presidente della giuria, Lorenzo Carpané, coordinatore del premio e referente del progetto formativo dedicato ai ragazzi Montagnavventura (650 i partecipanti) e alla presenza dello scrittore Paolo Cognetti, vincitore del premio 2017. Il riconoscimento al miglior volume non narrativo va in Inghilterra allo scrittore-alpinista Sandy Allan che nel suo
La cresta infinita (Alpine Studio) ha narrato una delle più grandi imprese alpinistiche degli ultimi anni, la risalita del Nanga Parbat, nel 2012, dalla cresta Mazeno Ridge, lunga più di 10 chilometri, compiuta dallo scrittore insieme a una cordata di 6 alpinisti. Il premio per la Miglior opera narrativa
per ragazzi, per la prima volta va a una graphic novel: L’Uomo
Montagna (Ed. Tunuè) dei francesi Séverine Gauthier e Amélie Fléchais. «L’opera», le motivazioni della giuria «è stata apprezzata tanto per la bellezza dei disegni quanto per la poeticità del racconto […] La storia mostra sin dalle prime pagine l’addio che si consuma tra un nipote e un nonno, un lungo arrivederci che diventa invito a intraprendere un viaggio per ritrovarsi ancora». Una menzione speciale al volume fotografico Echi nel Silenzio Paesaggi della Grande Guerra
dal Garda al Pasubio (Publistampa), del trentino Andrea Contrini, segnalate altre due opere: L’attraversamento invernale delle Alpi (MonteRosa) di Alberto Paleari per la sezione narrativa e Il peso delle ombre (Gabriele Capelli Editore) di Mario Casella per la sezione non narrativa. Come detto, rimane in Italia il Premio per la migliore opera di narrativa: vince La lezione del freddo (Einaudi), scritto dal filosofo cognitivista milanese Roberto Casati. Incentrato sulla personale esperienza dell’autore, che ha trascorso un anno accademico nel college di Hanover (New Hampshire), dove da ottobre a marzo cade la neve, il testo si sviluppa in uno studio del Freddo, sia da un punto di vista pratico — vi sono numerosi suggerimenti per la vita quotidiana alle basse temperature — sia, di conseguenza, su di una riflessione più intima, antropologica e sociale. «Sono entusiasta di questo premio» afferma il docente all’Ecole Normale Superiéure di Parigi «rappresenta la chiusura di un cerchio. La mia famiglia è sempre stata legata alla montagna, io l’ho sempre frequentata da semplice appassionato. È come se stessi ricevendo un premio per tutte le camminate fatte in passato».
L’idea del volume nasce da un’esperienza diretta. Cosa ha provato all’arrivo in questa realtà nuova, così fredda? «Quando io e la mia famiglia siamo arrivati nel villaggio, mi è subito sembrato di entrare in una fiaba. La casa, la neve, il bosco: tutto era magico. Ho iniziato a scrivere delle lunghe mail a un gruppo di amici raccontando questa vita quotidiana, così diversa, unica. Mi sono sentito chiamato al racconto. Tutto era narrativo: a partire dal mio cane, al quale ho dovuto mettere delle scarpe da ginnastica per non fargli congelare le zampe. In questo senso parlo di “freddo quotidiano”: che, lontano dalle vette e da spedizioni eccezionali, ci insegna molte cose». Qual è, se c’è, la principale lezione che ne ha tratto?
«Ho capito quanto sia necessario fare attenzione. Pensare, a ogni mossa, a ogni azione, alla propria vita e a quella dei propri cari. In questa direzione sto sviluppando una ricerca sul tema del disorientamento: sto creando un data base di storie legate al momento in cui ci si trova a dire: e ora, come torno a casa?».