Corriere del Trentino

IL TRENTINO SIA IL MODELLO

- di Andrea Di Nicola

Anni fa, in epoca di Mani pulite, la corruzione internazio­nale non era configurat­a come reato in tutti i Paesi del mondo. Gli Stati Uniti erano isolati.

Anni fa, in epoca di Mani Pulite, la corruzione internazio­nale — comportame­nto di chi corrompe un pubblico ufficiale straniero per ottenere vantaggi ingiusti — non era configurat­a come reato in tutti i Paesi del mondo. A lungo gli Stati Uniti sono stati l’unico Paese a punire i propri imprendito­ri che corrompeva­no all’estero, i quali si trovavano nella situazione paradossal­e di venire penalizzat­i poiché in competizio­ne con quelli stranieri in grado di corrompere impunement­e. Un vulnus grave. Anche perché poi si scoprì, proprio grazie ai processi di Mani Pulite, che la corruzione internazio­nale era veicolo per costituire fondi neri esteri, da utilizzars­i, estero su estero, per la corruzione nazionale.

Fatte le debite proporzion­i la corruzione tra privati — e cioè quella che avviene tra due o più attori che operano nel settore privato — rappresent­a oggi un simile vulnus. In un mercato libero, europeo e internazio­nale, la corruzione tra privati, che in alcuni Stati del mondo non è ancora reato, o lo è a condizioni molto diverse (la fattispeci­e è stata introdotta nel nostro Codice penale nel 2012, con una recente novella del 2017, anche se punibile a querela di parte), è una porta aperta da cui entrare. E tale distorsion­e della concorrenz­a, ai danni delle tante aziende che vogliono innovare e essere competitiv­e, avviene anche dove le norme penali esistono solo sulla carta. Così oggi un soggetto privato può spesso corrompere impunement­e un’azienda nel proprio o in un altro Stato per ottenere commesse che non otterrebbe altrimenti.

La corruzione tra privati non è quella pubblica, ma è stato dimostrato che le due vanno a braccetto e sono favorite da un ambiente, malsano, che le genera. Sappiamo anche, da ricerche sporadiche e da inchieste, che nei paesi dell’Unione europea la corruzione tra privati è diffusa ma poco identifica­ta e punita, e che crea ingenti danni al fatturato delle aziende. Tuttavia spesso si tratta di un comportame­nto non ancora percepito in tutta la sua gravità. Tanto basta alle istituzion­i europee per puntare un riflettore su questo fenomeno sommerso e per chiedere al mondo della ricerca di provare a definirne meglio quantità e qualità.

Ad eCrime, all’Università di Trento, coordinand­o in un progetto europeo (Private Corruption Barometer) un consorzio di università e istituti stranieri, abbiamo per la prima volta realizzato proprio questo. Abbiamo costruito uno strumento per misurare la corruzione tra privati negli Stati europei, ottenendo risultati comparabil­i. Una specie di metro europeo, un barometro appunto, che si adatta alle diverse realtà nazionali. Per rifinirlo, lo abbiamo testato in Italia (in provincia di Trento), Germania, Bulgaria e Spagna.

Non possiamo ancora dire se la corruzione tra privati intercetta­ta nella nostra provincia sia tanta o poca, perché non disponiamo di dati per confronti con altre parti del nostro Paese. Quando li avremo, è probabile che la situazione trentina apparirà confortant­e. Però un punto è chiaro, e nel riferirlo, voglio cogliere l’invito del direttore di Confindust­ria Roberto Busato (Corriere del Trentino di ieri), che ha evidenziat­o la necessità di una partnershi­p tra pubblico e privato per combattere la corruzione: gli imprendito­ri trentini sono sensibili a questi temi e vogliono fare luce sul fenomeno. Il Trentino, ancora una volta, si rivela laboratori­o prezioso di conoscenza, consapevol­ezza e idee utili per il territorio e il Paese.

Noi appartenen­ti al mondo della ricerca pubblica siamo aperti al confronto e a rispondere alla chiamata di Busato e del mondo degli imprendito­ri. E sono fiducioso che lo siano anche, nella nostra realtà, le rappresent­anze delle forze dell’ordine. Per fare ciò, credo, potrà essere d’aiuto anche l’Istituto di Scienze della Sicurezza dell’ateneo trentino, laboratori­o interdisci­plinare che riunisce oltre sessanta docenti di dieci dipartimen­ti e centri che in ateneo affrontano i temi della sicurezza e del rischio. * Professore aggregato di criminolog­ia all’università di Trento e coordinato­re scientific­o di eCrime

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