IL TRENTINO SIA IL MODELLO
Anni fa, in epoca di Mani pulite, la corruzione internazionale non era configurata come reato in tutti i Paesi del mondo. Gli Stati Uniti erano isolati.
Anni fa, in epoca di Mani Pulite, la corruzione internazionale — comportamento di chi corrompe un pubblico ufficiale straniero per ottenere vantaggi ingiusti — non era configurata come reato in tutti i Paesi del mondo. A lungo gli Stati Uniti sono stati l’unico Paese a punire i propri imprenditori che corrompevano all’estero, i quali si trovavano nella situazione paradossale di venire penalizzati poiché in competizione con quelli stranieri in grado di corrompere impunemente. Un vulnus grave. Anche perché poi si scoprì, proprio grazie ai processi di Mani Pulite, che la corruzione internazionale era veicolo per costituire fondi neri esteri, da utilizzarsi, estero su estero, per la corruzione nazionale.
Fatte le debite proporzioni la corruzione tra privati — e cioè quella che avviene tra due o più attori che operano nel settore privato — rappresenta oggi un simile vulnus. In un mercato libero, europeo e internazionale, la corruzione tra privati, che in alcuni Stati del mondo non è ancora reato, o lo è a condizioni molto diverse (la fattispecie è stata introdotta nel nostro Codice penale nel 2012, con una recente novella del 2017, anche se punibile a querela di parte), è una porta aperta da cui entrare. E tale distorsione della concorrenza, ai danni delle tante aziende che vogliono innovare e essere competitive, avviene anche dove le norme penali esistono solo sulla carta. Così oggi un soggetto privato può spesso corrompere impunemente un’azienda nel proprio o in un altro Stato per ottenere commesse che non otterrebbe altrimenti.
La corruzione tra privati non è quella pubblica, ma è stato dimostrato che le due vanno a braccetto e sono favorite da un ambiente, malsano, che le genera. Sappiamo anche, da ricerche sporadiche e da inchieste, che nei paesi dell’Unione europea la corruzione tra privati è diffusa ma poco identificata e punita, e che crea ingenti danni al fatturato delle aziende. Tuttavia spesso si tratta di un comportamento non ancora percepito in tutta la sua gravità. Tanto basta alle istituzioni europee per puntare un riflettore su questo fenomeno sommerso e per chiedere al mondo della ricerca di provare a definirne meglio quantità e qualità.
Ad eCrime, all’Università di Trento, coordinando in un progetto europeo (Private Corruption Barometer) un consorzio di università e istituti stranieri, abbiamo per la prima volta realizzato proprio questo. Abbiamo costruito uno strumento per misurare la corruzione tra privati negli Stati europei, ottenendo risultati comparabili. Una specie di metro europeo, un barometro appunto, che si adatta alle diverse realtà nazionali. Per rifinirlo, lo abbiamo testato in Italia (in provincia di Trento), Germania, Bulgaria e Spagna.
Non possiamo ancora dire se la corruzione tra privati intercettata nella nostra provincia sia tanta o poca, perché non disponiamo di dati per confronti con altre parti del nostro Paese. Quando li avremo, è probabile che la situazione trentina apparirà confortante. Però un punto è chiaro, e nel riferirlo, voglio cogliere l’invito del direttore di Confindustria Roberto Busato (Corriere del Trentino di ieri), che ha evidenziato la necessità di una partnership tra pubblico e privato per combattere la corruzione: gli imprenditori trentini sono sensibili a questi temi e vogliono fare luce sul fenomeno. Il Trentino, ancora una volta, si rivela laboratorio prezioso di conoscenza, consapevolezza e idee utili per il territorio e il Paese.
Noi appartenenti al mondo della ricerca pubblica siamo aperti al confronto e a rispondere alla chiamata di Busato e del mondo degli imprenditori. E sono fiducioso che lo siano anche, nella nostra realtà, le rappresentanze delle forze dell’ordine. Per fare ciò, credo, potrà essere d’aiuto anche l’Istituto di Scienze della Sicurezza dell’ateneo trentino, laboratorio interdisciplinare che riunisce oltre sessanta docenti di dieci dipartimenti e centri che in ateneo affrontano i temi della sicurezza e del rischio. * Professore aggregato di criminologia all’università di Trento e coordinatore scientifico di eCrime