PARTECIPAZIONE CAMUFFATA
Qualcosa sembrava dovesse muoversi su uno dei tanti «buchi urbani» del capoluogo, ossia l’area ex Atesina ai Solteri. Con i suoi 17.000 metri quadrati, il terreno è sostanzialmente dismesso da più di 15 anni. Il Comune, infatti, ha attuato una procedura — chiusa il 14 febbraio con fase di progettazione entro il 30 marzo — per selezionare dei partner che elaborino un prospetto capace di intercettare i fondi europei finanziati dal programma Urban innovative action (Uia) con cui si offrono alle autorità urbane spazi e risorse per testare idee innovative nel campo dello sviluppo sostenibile. Il tutto naturalmente fatto in fretta e all’ultimo momento: due settimane appena per mettere in piedi una squadra di progettazione, presentare un piano valido e avere anche le capacità di sostenerlo. E il progetto? Fatto in un mese e mezzo scarso. Non è dato ancora sapere se e chi ha presentato una proposta, ma certamente le modalità fanno rimpiangere il processo partecipativo che 15 anni fa il gruppo Palomar aveva promosso sullo stesso tema. A parte la necessità di agguantare i finanziamenti europei, nulla giustificava un simile modo di agire. Cosa dire poi del disegno urbano che emerge dalla pianificazione preliminare visibile nelle tavole dell’avviso? Una spruzzata di funzioni e di quantità buttate a caso sull’area dove si prevedono: la palestra, le sedi delle associazioni, il co-housing, una piazza coperta, vari servizi non meglio precisati circondati da parcheggi a raso e un parco a nord di dubbio inserimento. Insomma, sarà forse un progetto con edifici ecosostenibili, ma oltre alla qualità energetica bisognerebbe pensare alla qualità urbana. La città si disegna anche per piccoli pezzi, avendo in mente una strategia complessiva. Si dovrebbe avere il coraggio insomma di inaugurare una stagione di veri concorsi di progettazione. Ci dovrebbe poi essere la volontà di aprire finalmente un urban center, un laboratorio urbano dove le varie idee possano essere discusse, modificate, effettivamente partecipate. L’obiettivo finale, in altri termini, dovrebbe spingere a parlare di partecipazione reale e non solo di quella camuffata di una collaborazione tra istituzione, impresa e università. Ma se la logica è quella di correre dietro al finanziamento europeo purché sia, se il disegno urbano non è nemmeno considerato, se la partecipazione è ridotta a mero annuncio, probabilmente è chiedere troppo.