«Federcoop, c’è paura nel cambiare»
Federcoop, parla il candidato Sester. «Possibili convergenze, dialogo aperto con tutti» «Consumo, attenzione al commercio on-line». «Credito, governance meno territoriale»
Il candidato Piergiorgio Sester sta cercando intese in vista dell’assemblea Federcoop, ma teme che il movimento, pur consapevole della necessità del cambiamento, abbia molti timori.
TRENTO «Il mondo della cooperazione è consapevole della necessità di cambiamento, ma forse ha ancora qualche timore». Lo dice Piergiorgio Sester, uno dei cinque candidati alla presidenza di Federcoop, che in questi giorni sta avendo incontri con i colleghi per cercare convergenze, anche se per ora la possibilità di alleanze appare lontana. Sester da outsider si definisce un «ufo», è vicepresidente di Green Blok e ha un passato da segretario organizzativo della Civica Margherita.
Sester, con gli altri candidati si è incontrato all’assemblea di Sait. Vi parlate?
«Io sono disposto al dialogo con tutti, senza preclusioni. Ciò però non significa che debba essere io fare un passo indietro. Il mio è più un approccio riformista che di rottura e vedo crescere l’interesse dei cooperatori verso le istanze di cambiamento».
Si dice che lei sia più propenso a parlare con Giuliano Beltrami e Michele Odorizzi, piuttosto che con Marina Mattarei o Ermanno Villotti.
«Può darsi che in termini di linguaggio ci sia più vicinanza, ma sicuramente mi confronterò anche con Mattarei, mentre con Villotti ci siamo già visti. Lo scambio vale con tutti, fermo restando la disponibilità a una fase di riforme, con un metodo di coinvolgimento e una presidenza attenta e disponibile a confrontarsi, perché il leader non può risolvere tutto da solo».
Entrando nei contenuti?
«Nel consumo, ad esempio, dovremmo superare i compartimenti. Assieme al settore sociale bisognerebbe affrontare il tema del commercio on-line. Il direttore di Sait Luca Picciarelli dice che Aldi, Poli e altre catene non faranno concorrenza nei paesi di montagna, ma non dobbiamo trascurare il commercio on-line tipo Amazon, che potrebbe espandersi in modi per ora non prevedibili. Per questo secondo me questi processi li dobbiamo governare noi, rispettando i nostri valori. Ad esempio con operatori che portano nelle case la spesa e fanno pure una visita. Se non lo facciamo noi lo faranno altri. E Federcoop in queste cose deve avere visione e fare da traino rispetto alle cooperative».
Il direttore Ceschi ha da poco varato una riorganizzazione della Federazione.
«Mi sembra positiva, ha fatto una riforma con quanto aveva a disposizione, anche se non ha esplicitato i temi dell’innovazione e dell’internazionalizzazione, che però mi auguro che siano sottesi. Io chiedo inoltre che ci sia maggiore trasparenza. Ad esempio nelle partecipate, chi ricopre i ruoli? Un discorso che va a toccare anche la necessità di un coinvolgimento maggiore della base, non mi sembra giusto che si vedano in giro sempre le stesse persone. Nel mondo della cooperazione le competenze ci sono, è che si rimane lontani dal palazzo, per una serie di ragioni».
Uno dei temi è la riforma del credito, andando verso il gruppo nazionale di Ccb e la ridefinizione dei rapporti con Federcoop.
«Prima di tutto credo che l’Italia, a differenza di tanti altri Paesi, sia ancora troppo legata a strumenti tradizionali come il mutuo e il fido. Credo che Ccb dovrebbe aiutare le coop a considerare nuovi strumenti finanziari, con soluzioni compatibili. In senso lato poi credo che occorra riscrivere il patto con Cassa centrale e le banche. Anche considerando che i comportamento delle banche nazionali stanno cambiando».
Vale a dire?
«Io lavoro da molto tempo con Unicredit: negli anni scorsi i direttori di filiale non avevano voce in capitolo, invece adesso, se la tua azienda va bene, il direttore ha una certa autonomia. Noi eravamo abituati che queste cose fossero di pertinenza solo delle Casse rurali, ma sta cambiando: quindi occorre trovare nuovi meccanismi e legami con il territorio, con una forte consulenza per le imprese e una rinascita della mutualità».
Mutualità, se ne parla mol- to in questi giorni in ambito assicurativo.
«Itas è un esempio. E dico di più: ha capito perfettamente che il concetto di una governance con testa in Trentino è solo un modo di dire. Di questi tempi prima di tutto ti devi strutturare».
Quindi anche per Ccb non si può insistere troppo sulla trentinità?
«Fra tre, cinque, dieci anni come saranno le cose? Il Trentino è piccolo: oggi la testa è qui, ma domani è probabile che la governance sarà fuori. Bisogna preparare il terreno per rapporti corretti».
Un sacco di cambiamenti.
«Il mondo cooperativo capisce che il cambiamento è necessario, però pensa che in fondo ci sia ancora tempo e spazio. Come in tutte le organizzazioni con una storia lunga, non è facile. Oggi però le condizioni tutto sommato sono buone, quindi è il caso di investire nell’evoluzione. Se invece si pensa solo a resistere poi si farà molta più fatica e si rischierà di finire in emergenza. Da vedere come si muoverà il mondo coop, se accetterà di mettere alla prova le persone oppure se punterà su una figura di garanzia del sistema».