Cittadinanza, odissea di un trentino Fa causa a ministero e questura
La storia di un discendente di Santa Paolina: chiede i danni a questura e ministero
Discendente di emigrati trentini in Brasile, parente di Santa Paolina, ha coltivato per anni il sogno di diventare cittadino italiano. Ma per ottenere la cittadinanza ci sono voluti ben otto anni e in questo lasso di tempo non poteva lavorare. È la storia di Valdacir Pianezzer che ora ha deciso di chiedere 40.000 euro di danni al ministero e alla questura per i mancati guadagni.
TRENTO Era il suo sogno tornare in Trentino. «Ero curioso di vedere e conoscere la terra dei miei antenati» racconta. Discendente di emigrati italiani in Brasile, l’Italia non l’aveva mai vista, ma ne aveva sentito parlare dai nonni e da tempo coltivava il desiderio di rivedere i luoghi dei suoi avi. San Vito- Castagnè, sopra il lago di Caldonazzo, dove ancora oggi sorge il Maso Pianezzer che un tempo fu della sua famiglia. «Lo vedo sempre dal lago, ora è di un’altra famiglia. Ma i miei antenati sono partiti da lì» ricorda.
In Brasile un «consulente italiano», come lo chiama lui, gli aveva detto che in un anno avrebbe potuto ottenere la cittadinanza. Ma da allora ha dovuto aspettare otto anni per diventare a tutti gli effetti italiano, senza poter lavorare, però, perché nel 2008 scopre l’esistenza di una norma che vieta di svolgere un’attività lavorativa agli stranieri in attesa di permesso di soggiorno, anche se sono discendenti di emigrati italiani. Fa poca differenza. Così, con in mano una lettera di assunzione del suo datore di lavoro, ha iniziato la sua battaglia contro la burocrazia e norme troppo stringenti che lo hanno costretto a vivere con un assegno della Provincia. «Il reddito di garanzia» spiega. Perché la voglia di lavorare e l’impegno dimostrato talvolta non bastano. Ora, attraverso il suo avvocato Zeno Perinelli, chiede 40.000 euro di danni alla questura di Trento e al ministero degli Interni per il mancato guadagno.
È la storia di Valdecir Pianezzer, che oggi ha 40 anni, discendente di una famiglia di emigrati di Vigolo Vattaro, parente di Santa Paolina, al secolo Amabile Visintainer che emigrò in Brasile all’età di 10 anni. «Con lei c’era anche c’era il papà del mio bisnonno, Domingos Napoleão Pianezzer, primo cugino di Santa Paolina — racconta Valdecir — erano sulla stessa nave». Era il 1875. Generazioni di trentini sono nati e cresciuti in Brasile. Valdecir a luglio dello scorso anno ha partecipato anche alla Festa provinciale dell’Emigrazione sull’Altopiano della Vigolana; c’era anche lui, finalmente cittadino italiano a tutti gli effetti, alla cerimonia in memoria di Santa Paolina, in quanto suo discendente. «Era stata mia nonna a parlarmi del Trentino, della parentela con Santa Paolina — spiega — così ho iniziato a fare delle ricerche». Il 25 settembre del 2004 vengono avviate le pratiche per la richiesta di cittadinanza italiana. Nel 2005 Valdecir si è trasferito in Portogallo per lavoro, poi il 31 maggio del 2005 è arrivato in Trentino.
«Il primo giugno ero già al lavoro — spiega — avevo un permesso di soggiorno in attesa di ottenere la cittadinanza». Fino al 15 novembre 2008 Valdecir ha continuato a lavorare prima come operaio presso la società Zanetti, poi per la società campeggi Tomasi di Calceranica e ancora per la Multipli Arcese e di nuovo al camping Fleiola dove lavora tuttora. Aveva lavorato anche come bracciante agricolo, ma a novembre aveva dovuto smettere per effetto di una nota del ministero del 20 dicembre del 2007 che, ri- spondendo a un quesito posto dalla questura di Trento, ha chiarito che «sulla base della legislazione attuale i cittadini di origine italiana titolari di permesso di soggiorno per attesa cittadinanza non sono abilitati a svolgere attività lavorativa». Pianezzer quindi poteva restare in Italia, ma non lavorare. Ha dovuto vivere con l’assegno della Provincia.
«Adesso sono italiano a tutti gli effetti, ho ottenuto la cittadinanza nel 2012 — spiega — in Brasile quella persona mi ha detto una bugia, ci sono voluti otto anni. È stato un incubo per me non poter lavorare, nonostante il mio datore di lavoro era pronto ad assumermi. È stata dura, avevo trent’anni».
Ora Valdecir vive a Caldonazzo e chiede giustizia perché ad avviso del suo stesso avvocato quella norma è iniqua. In un primo momento il legale aveva intentato una causa civile contro il ministero, ma il Tribunale si è dichiarato incompetente. Saranno i giudici del Tar adesso a decidere. I magistrati hanno chiesto la documentazione al ministero e hanno fissato l’udienza a settembre.