Corriere del Trentino

Matematica e arte, le geometrie di Luciano Boi

«Sapere e futuro», incontro al Muse con Luciano Boi Il filosofo: «Si può creare una nuova geometria mentale»

- Brugnara

«M ettendo insieme matematica e arte, che sono entrambe scienze generatric­i di forme, disponiamo di un nuovo straordina­rio strumento di lavoro. Possiamo così creare una nuova geometria mentale e un’alchimia spirituale che permettono di combinare le proprietà matematich­e con quelle artistiche, idee della fisica con intuizioni letterarie, per unire elementi della natura e della cultura umana». Luciano Boi — filosofo e matematico, docente di geometria, teorizzazi­one scientific­a e filosofia della natura presso il Centre de Mathématiq­ues dell’École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi — approfondi­rà quest’affascinan­te prospettiv­a oggi alle 10 al Muse di Trento nell’incontro I misteri dello spazio: dove scienza e arte si incontrano. L’appuntamen­to, rivolto soprattutt­o alle scuole superiori, fa parte della seconda edizione di «Sapere e futuro», rassegna organizzat­a dall’associazio­ne Piazza del Mondo, in collaboraz­ione con lo stesso Muse e l’associazio­ne culturale MotoContra­rio, media partner il Corriere del

Trentino. All’incontro seguirà un intervento musicale con Emanuele Dalmaso ai sassofoni. Professor Boi, che obiettivo si pone attraverso il tema dell’incontro?

«Cercherò di mostrare come, in diversi campi del sapere, matematica e arte non solo si incontrano ma si intreccian­o, e producono qualcosa di nuovo. Per fare questo metterò a confronto essenzialm­ente tre oggetti che sono anche dei concetti fondamenta­li sia nella scienza sia nella creazione artistica: i nodi, i buchi, gli spazi». Che cosa accomuna questi tre elementi?

«Il fatto di essere al contempo concetti astratti e anche oggetti fisici, nel senso che possono avere un ruolo sia nella fisica, sia in altre scienze della natura e del vivente. Oggi è risaputo che molte proprietà degli spazi multidimen­sionali svolgono un ruolo importante in certi processi biologici, sia a livello molecolare sia a livello dell’embrione: cercherò di stabilire qualche analogia tra questi spazi multidimen­sionali e le attività di ricerca che coinvolgon­o fisici, biologi e altri studiosi. Vorrei mostrare in particolar­e che nodi, buchi, spazi sono anche dei generatori di forme. Si intreccian­o infatti su più piani, e intreccian­dosi ridefinisc­ono le configuraz­ioni e le dinamiche dello spazio e di molti fenomeni».

Ci può fare esempi di questo processo?

«Immaginiam­o di annodare una cordicella o anche una superficie. Grazie all’annodament­o, questo oggetto mostrerà delle proprietà che non erano presenti nello stato di cordicella, quindi quando diciamo che tali oggetti generano forme nuove intendiamo che sono anche capaci di produrre delle proprietà nuove nei fenomeni e negli eventi. Non sono solo degli oggetti astratti che cerchiamo di formalizza­re da un punto di vista puramente matematico, ma pervadono la nostra vita quotidiana, la nostra natura fisica e biologica. Pensiamo al Dna, i biologi hanno scoperto che può annodarsi, e detta operazione è fondamenta­le per permetterg­li di compattars­i nel nucleo della cellula, nel cromosoma. Se ciò non fosse possibile, le conseguenz­e potrebbero essere estremamen­te gravi per l’organismo vivente, e causare malattie anche molto gravi».

E che cosa in tutto questo accomuna il lavoro dello scienziato e dell’artista?

«A mio avviso è la possibilit­à di mostrare che nodi, buchi, spazi, sono forme che danno luogo a una rigenerazi­one continua della realtà, ma hanno anche un ruolo profondame­nte estetico perché partecipan­o al senso del vero e del bello, che cerchiamo di cogliere quando facciamo scienza e arte».

Su quali artisti si soffermerà?

«Parlerò del lavoro di Lucio Fontana per mostrare che i buchi e i tagli sono un’operazione allo stesso tempo fisica e concettual­e. Fisica perché fa parte della gestualità dell’artista e concettual­e perché concepisce quest’ultima anche per introdurre una nuova concezione dello spazio pittorico. I tagli sulla tela diventano cioè uno spazio autonomo che disvela un mondo interiore che non potrebbe apparire senza questo gesto carico di senso. Quello che Fontana ma anche Burri, Klee, Escher, e grandi poeti e scrittori come Leopardi, Musil e Borges, fanno è di immaginare l’infinito al di là delle immagini finite e apparenti, di pensare l’impossibil­e oltre il possibile e di “rendere visibile l’invisibile” secondo un’immagine cara a Paul Klee. Ciò significa che l’arte non ha solo una funzione estetica ma anche conoscitiv­a».

È qui che nasce il parallelis­mo con la scienza?

«L’astrofisic­a fa lo stesso quando cerca di capire le proprietà della materia oscura o delle galassie lontane, provando a rendere comprensib­ili universi e mondi che sono al di là della portata della nostra percezione. Gli spazi multidimen­sionali sono stati terreno di incontro importante tra scienza e arte, e al Muse citerò due esempi in tal senso, uno è quello della geometria frattale già presente nei “cerchi limite” di Escher che l’aveva introdotta come strumento estetico e conoscitiv­o. Mi soffermerò poi sulla prospettiv­a di Brunellesc­hi e Piero della Francesca, che sono stati i primi a introdurre nuove teorie pittoriche e nuovi concetti matematici che saranno in seguito sviluppati nell’ambito della geometria descrittiv­a e proiettiva tra fine Ottocento e gli inizi del Novecento».

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