Università promossa dai trentini Cipolletta: «Delega, + 30% di risorse»
Il rettore Collini: «Mi ha colpito il senso di orgoglio che il territorio nutre verso di noi»
Per l’università di Trento l’Accordo di Milano ha portato più soldi. «Un maggiore finanziamento — spiega Innocenzo Cipolletta, presidente dell’ateneo — tra il 30% e il 40% in più rispetto a quello che avrebbe garantito lo Stato». Il polo universitario è percepito come valore dai trentini. Secondo un’indagine Doxa il 90% dei cittadini ne è orgoglioso. In particolare, l’89% del campione percepisce gli studenti come una risorsa economica e il 73% come opportunità di arricchimento culturale. E il nesso tra crescita economica e approfondimento della ricerca è la chiave su cui impostare il futuro. «Valorizzare la formazione postdiploma, con più orientamento al lavoro» osserva il rettore Paolo Collini.
Una quarantina di tavoli e almeno duecento sedie, il polo espositivo vestito a festa: l’assemblea aperta dell’università di Trento, ieri pomeriggio in via Briamasco, come nelle intenzioni, ha restituito ai presenti la confidenzialità di un’occasione informale. L’incalzare delle domande della platea, accanto alla discussione sul legame tra l’ateneo e la cittadinanza, ha sollecitato anche una riflessione sul ruolo e le potenzialità dell’ente stesso e dei suoi rapporti con le istituzioni. Se è vero che l’accordo di Milano ha consentito all’ateneo «un finanziamento dell’attività corrente superiore del 30-40% rispetto a quello che avrebbe garantito lo Stato» come ha evidenziato il presidente Innocenzo Cipolletta, è anche vero che «la scelta fatta nel 2009 di chiedere la delega sull’università ha senso solo se la Provincia crede nell’ateneo come motore di sviluppo» ha osservato il rettore Paolo Collini. «La Provincia finanzia oggi l’università con circa 100 milioni di euro l’anno a fronte dei 16 che arrivano dallo Stato — ha sottolineato a propria volta l’assessora Sara Ferrari — con il quale l’ateneo sarebbe libero di sottoscrivere ogni anno entro fine maggio il patto di stabilità ma sceglie un interlocutore vicino, più in grado di comprenderne bisogni e ragioni». E se, in base ai risultati dell’indagine Doxa commissionata da UniTrento, l’82% dei trentini è convinto che l’università favorisca l’innovazione del sistema produttivo, è ancora l’assessora Ferrari a stimolare il «privato trentino a credere in Hit e a identificarlo come interlocutore di riferimento» per il trasferimento tecnologico. «In due anni l’ente ha raggiunto un autofinanziamento del 30% e un incasso di 3 milioni di euro per i soci — ha chiosato — le startup insediate nella sede di Povo sono talmente tante che non c’è più posto per altre: siamo ottimisti».
La risposta del direttore generale di Confindustria, Roberto Busato, è pronta: «Negli ultimi anni siamo stati molto critici con l’università — ha ammesso — ma ora con l’ateneo abbiamo rapporti quotidiani e la crescita delle aziende del territorio passa da lì. Dobbiamo lavorare sulla sensibilità delle imprese per migliorare il legame di Hit con il mondo produttivo». Una «questione forte», quella della ricaduta dell’università sul territorio, anche secondo il rettore Collini: «Una partita da affrontare riguarda la formazione terziaria professionalizzante, su cui oggi è aperto un nuovo fronte a livello nazionale — ha rimarcato il rettore — in modo conforme alla nostra attitudine potremmo valorizzare la formazione post diploma, non strettamente accademica, ma più orientata al lavoro che in Italia è sempre mancata e che caratterizza il mondo tedesco». L’ateneo, inoltre, «dovrebbe fare di più per aiutare i giovani a fare scelte più coerenti con ciò che il mercato del lavoro chiede». I dati complessivi restituiti dall’indagine, tuttavia, per il rettore sono «sorprendenti»: «Mi ha colpito il senso di orgoglio che il territorio nutre nei confronti della sua università» . A Cipolletta l’onere di elencare le criticità: «Solo la metà dei trentini pensa che l’università possa servire per il lavoro — ha citato — un terzo ritiene che i laureati siano troppi, oltre l’80% non ha mai messo piede in ateneo». Per il sindaco del capoluogo Alessandro Andreatta il classico bicchiere «è pieno per tre quarti: l’università è cresciuta e con lei la città, creando un rapporto di forte reciprocità, si pensi ad esempio alla revisione del Prg, il Piano regolatore generale». Gli ha fatto eco anche Francesco Valduga, primo cittadino di Rovereto: «Vogliamo l’università perché produce pensiero e dovremmo smetterla di dibattere sulla trentinità e sul privilegio di dare a un tipo di studenti piuttosto che un altro» ha affermato, richiamando i vertici di ateneo e Provincia sulla necessità di accelerare i tempi per concretizzare il polo delle neuroscienze, nella città della quercia.E a proposito di tempi, in base alle dichiarazioni del rettore «entro dieci-dodici mesi il cantiere per la prima parte di lavori all’ex Cte dovrebbe essere operativo. Cercheremo di essere complementari all’attività espositiva».
Busato «Si deve rafforzare il legame tra Hit e aziende»
Valduga «Bisogna accelerare sul polo di neuroscienze»
Ferrari «La Provincia sostiene le attività accademiche con 100 milioni di euro a fronte dei 16 statali»