I NODI IRRISOLTI DELLO STATUTO
Non può sfuggire l’importanza dell’esito dei lavori della Consulta per lo Statuto speciale, appena conclusi, presentati alle istituzioni provinciali di governo e ora ampiamente diffusi fra i cittadini. Occorre anzi avviare in proposito un dibattito pubblico, sia per dare un seguito coerente con la sua vocazione originaria di occasione di democrazia partecipativa, sia anche per creare la premesse per far sì che la prossima campagna elettorale non si svolga sul nulla, come tutto lascia presagire (a conferma della recente competizione nazionale).
Proprio in vista delle imminenti elezioni provinciali, infatti, da molte parti giustamente si sollecita l’elaborazione di una visione del Trentino del futuro, la presentazione di un progetto che, con il consenso degli elettori, conduca a realizzarla e l’assunzione della relativa responsabilità di governo. In particolare, sarebbe interessante sapere — anche in vista della probabile partecipazione elettorale da parte di soggetti politici nuovi — se si ha in mente la costruzione di un Trentino futuro corrispondente alla sua realtà attuale o se invece si propongono prospettive di crescita legate anche alla disponibilità di margini maggiori di autonomia, nella condivisione di un concetto di autonomia integrale di cui ogni tanto si parla ma evitando sempre di darle contenuti precisi. Sarebbe interessante, pertanto, capire se il concetto di partito territoriale rientra nelle strategie delle formazioni politiche e quale ne sarebbe il valore aggiunto (per mesi il Partito democratico ha disquisito della possibilità di trasformarsi in tal senso — senza perdere l’occasione di dividersi in favorevoli e contrari — ma non ha mai spiegato quali nuovi contenuti sarebbero derivati alla sua proposta politica da tale trasformazione, che non può essere solo nominale o organizzativa). Così come si dovrà capire come rapportarsi con la connotazione politica dell’attuale «delegazione parlamentare», soprattutto con riguardo alla concezione dell’autonomia speciale di un partito exterritoriale (il Nord), ex secessionista, ex federalista, e ora nazionale e nazionalista.
Quale migliore occasione, dunque, delle proposte per la riforma dello Statuto elaborate dalla Consulta? Non si dimentichi che nella composizione dell’organo consultivo erano rappresentati tutti gli interessi forti del sistema trentino.
C’erano appunto tutti — dai partiti ai sindacati, dalle organizzazioni di categoria all’università, dalla cooperazione ai Comuni e alle associazioni culturali e del volontariato — e i lavori della Consulta si sono conclusi all’unanimità, circostanza, quest’ultima, che un liberale vede sempre con sospetto.
Sarebbe però infondato pensare che tutti i problemi siano già stati risolti, sia perché in ogni modo sarà necessario alla fine trovare un consenso con il sistema politico di Bolzano (quale risulterà dalle prossime elezioni di ottobre), sia anche perché un limite fondamentale delle proposte della Consulta è rappresentato dalla loro irritante genericità su punti cruciali e di certo non marginali della riforma. A parte le incognite delle priorità statutarie di Bolzano — che comunque già sembrano orientate a ignorare buona parte se non tutte le raccomandazioni dell’analoga Convenzione, con buona pace per gli esiti della democrazia partecipativa — e dei margini di consenso acquisibili su quel fronte, l’opportunità di aprire in Trentino un dibattito pubblico in proposito è connessa anche proprio all’esigenza di concretizzare i contenuti di un’autonomia di qualità e dei modi attraverso i quali quest’ultima deve rapportarsi con altri interlocutori, a partire dagli organi centrali dello Stato. L’autonomia speciale quale oggi configurata si è rivelata fragile: la prospettiva nella quale muoversi è di riconfermare e razionalizzare l’esistente ovvero di ricercare — e come e con chi — un suo potenziamento?
La vastità del lavoro svolto dalla Consulta tra il luglio del 2016 e il marzo del 2018 nonché l’accuratezza delle spiegazioni e argomentazioni offerte per le soluzioni proposte — per quanto, a nostro giudizio, ancora troppo generiche — richiedono una riflessione in proposito che ne incoraggi una lettura critica e partecipata, tanto più in quanto il documento finale, nonostante l’encomiabile sintesi di semplificazione, risulta di comprensione non del tutto agevole per i non addetti al lavoro.