Scambio di provette in ospedale Per 4 medici chieste altre verifiche
Non c’è ancora la parola fine alla vicenda giudiziaria riguardante la morte di Shakuntala Lal, la donna indiana di 62 anni che morì nel 2015 dopo un ricovero al San Maurizio di Bolzano.
In un primo momento erano stati iscritti nel registro degli indagati sedici medici del nosocomio del capoluogo, ma dopo un incidente probatorio durato oltre un anno e mezzo, la Procura ha chiesto l’archiviazione per dodici professionisti coinvolti.
Anche per gli altri quattro indagati sembrava si dovesse giungere a un’archiviazione, e la difesa confidava soprattutto sulla perizia effettuata dal consulente del gip Emilio Schönsberg, che sostanzialmente sembrava scagionasse i medici finiti sotto inchiesta: l’esito, infatti, parlava di un infarto ritenuto «imprevedibile» e sul quale, sempre secondo il tecnico nominato dal giudice, non avrebbe avuto incidenza lo scambio di provette che si era verificato alcuni giorni prima del decesso. La donna, infatti, aveva avuto un primo accesso all’ospedale dopo esser stata colta da un malore; sottopostasi ad alcuni esami clinici, era poi tornata a casa. In quell’occasione si sarebbe verificato lo scambio di provette e proprio per questo era stato lo stesso personale dell’ospedale a richiamarla immediatamente e a farla ricoverare con urgenza. Ad avviso del perito del tribunale, però, il suddetto scambio non avrebbe avuto incidenza sul decesso della signora.
La Procura, dal canto suo, ha chiesto l’udienza preliminare per i quattro professionisti ancora indagati, che sarebbero quelli che hanno avuto in cura la donna nelle sue ultime ore di vita: il pm avrebbe infatti portato in udienza una nuova consulenza, chiedendo che venga nuovamente effettuata una perizia.
Il giudice ha ora dato un lasso di tempo alla difesa — composta tra gli altri dall’avvocato Domenico Laratta — affinché prendano posizione sulla richiesta avanzata dalla Procura. I legali di fiducia dei professionisti probabilmente porteranno nuova documentazione a supporto della loro tesi, e continuano a ribadire che non vi sono responsabilità da parte dei loro assistiti e che lo scambio di provette,che di fatto vi fu, non ha nulla a che vedere con l’infarto improvviso che ha poi causato il decesso della donna.
Parte offesa nel procedimento è il marito della sessantenne, che sporse denuncia a seguito della morte della moglie e che ha sempre chiesto venisse fatta luce.