I conti della Diocesi Perdite da tre milioni Isa genera dividendi
Operazione trasparenza dell’arcivescovo Tisi. Puerari: costi fissi e parrocchie, occorre razionalizzare
L’arcidiocesi di Trento nel 2017 ha perso 3 milioni di euro, a fronte di oltre 10,5 milioni di costi. Lo dice il bilancio , reso pubblico dall’arcivescovo Tisi. Le uscite maggiori, circa 3,1 milioni, per la manutenzione dei fabbricati che, con i terreni, sono il 56% dei 117 milioni di patrimonio.
TRENTO Operazione trasparenza in seno alla Chiesa trentina. L’arcidiocesi di Trento ha reso pubblico ieri, per la prima volta nella sua storia, il proprio bilancio sociale ed economico, relativo all’anno 2017.
Una scelta dettata da una molteplicità di motivi: innanzitutto la volontà di rivolgersi in modo diretto alla sua comunità di riferimento, dichiarando come vengono spesi i contributi ricevuti, un momento per riassumere in un unico colpo d’occhio i molteplici ambiti di attività della diocesi e infine l’occasione di riflettere pubblicamente a proposito della grave perdita. Nel 2017 emerge infatti una perdita di quasi 3 milioni di euro, cifra molto importante dovuta, secondo le dichiarazioni della Curia, a una progressiva contrazione delle fonti di ricavo a fronte di un ingente impegno di spesa.
«In ogni bilancio i numeri contano — ha dichiarato l’arcivescovo Lauro Tisi — ma non dicono tutto. C’è una Chiesa fatta di volontariato e gratuità, spesso nascosti, che nessuna agenzia di rating è in grado di certificare. Il dito è spesso puntato sul patrimonio immobiliare. È necessario che la Chiesa non consideri propri i beni, ma da amministrare per i poveri e il Vangelo, finalità da cui si rischia talora di deviare».
Proprio per questo l’economo Claudio Puerari ha sottolineato come stilare il rendiconto sia utile a uscire da una certa discrezionalità di gestione affidata all’onestà individuale. «Abbiamo qui utilizzato regole condivise per stilare dei documenti che tutti possano leggere e interpretare. Ciò è fondamentale anche per verificare il rispetto delle direttive dell’arcivescovo».
La grave entità della perdita nell’andamento economico del 2017 genera preoccupazione. «La crescente ampiezza dell’azione pastorale all’interno ed esterno dell’area geografica di riferimento — ha dichiarato Puerari — l’entità dei costi fissi e le costanti necessità di sostegno finanziario a numerosi enti e parrocchie in difficoltà, anche a causa della riduzione del numero dei presbiteri e della lunga crisi economica, hanno innescato un trend di progressivo indebolimento finanziario e patrimoniale della Diocesi. Per fronteggiare tali esigenze non si possono procrastinare, pena continuare a erodere il patrimonio della diocesi, incisivi interventi di riforma e di razionalizzazione delle strutture della Curia e dei numerosi enti diocesani». Razionalizzazione, dunque, considerando che «le risorse disponibili non sono illimitate», e sensibilizzazione del personale in chiave di efficienza e produttività.
Andando nello specifico dei numeri, la perdita di 2 milioni 938 mila euro è determinata dalla flessione dei ricavi rispetto alle voci di spesa consistenti. I ricavi derivano per il 28% (2,176 milioni) da contributi Cei, tra i quali rientra anche l’8 per mille, il 23% (1,75 milione) da contributi da privati e enti e il 19% (1,45 milione) dalla gestione del patrimonio immobiliare non strumentale, per un totale complessivo di 7,735 milioni euro di ricavi. I costi invece si attestano sui 10,674 milioni, dei quali la gestione del patrimonio immobiliare incide per 3,13 milioni e i costi del lavoro sfiorano i 2,93 milioni.
Sul versante patrimoniale, l’attivo dell’arcidiocesi ammonta a 117 milioni di euro, per l’85% rappresentato da immobilizzazioni. Di queste, fabbricati e terreni rappresentano il 56% dell’attivo e sono formati per 38,34 milioni di euro da beni strumentali, vale a dire da beni utilizzati per l’esercizio delle attività istituzionali tipiche, e 27,18 milioni da beni non strumentali, alcuni dei quali concessi in locazione per uso abitativo o altro. Puerari ha motivato il modesto ricavo generato da tale ingente patrimonio immobiliare con la prassi di assegnare i beni non strumentali con canoni di locazione (193 contratti relativamente al solo ente arcidiocesi) a prezzi calmierati e, in alcuni casi, in comodato gratuito.
Le immobilizzazione finanziarie sono pari a 31,633 milioni, il 27% del totale attivo. All’interno di questa quota, poco più di 27 milioni sono relativi al 21,7% del capitale detenuto dall’arcidiocesi nell’Istituto atesino di sviluppo (Isa). Tale partecipata ha generato per l’arcidiocesi la quasi totalità dei dividendi, il cui totale ammonta a più di 827.000 euro.
L’alto prelato È necessario che non consideriamo i beni nostri ma al servizio dei più poveri