Fuori l’orgoglio
Un orgoglio italiano non c’è mai stato, dopo la caduta dell’impero romano, a parte qualche eccitazione recente e del tutto momentanea per vittorie nei campionati internazionali di calcio. Le bandiere tricolori compaiono solo quando alcuni strombazzano con l’auto dopo la vittoria e per gli alpini, che recentemente ci hanno ricordato a Trento che si può essere italiani, anche in assetto minimamente guerresco, senza vergognarci per non essere sempre e solo pacifisti, buoni, accoglienti, altruisti.
Grazie alla Germania, che ci attacca e ridicolizza per nostre ipotesi di governo e ripropone la propria immagine dell’italiano incapace e miserabile, spero che alla maggior parte dei nostri cittadini venga, come succede a me, finalmente un reflusso di orgoglio residuo e finora profondamente celato e inconsapevole.
Mi viene in mente la rabbia provata, fino al desiderio di intervenire con una piazzata, quando vedevo un giovane tedesco al ristorante maltrattare il cameriere che gli portava una bottiglia di vino di un anno più vecchio o più giovane rispetto alla lista dei vini. Lo trattava come fosse un delinquente; e il povero dipendente abbassava il capo e si scusava mentre l’altro infieriva impietoso.
Anch’io come il professor Savona associavo subito le critiche tedesche all’Italia all’evidenza dello smisurato e incontenibile orgoglio della grande Germania, sempre compreso e sostenuto dai suoi capi (particolarmente da Adolf Hitler). E sempre sotteso da un desiderio