COME CREARE LA VIVIBILITÀ
Siamo travolti dalla paura, che può aiutarci, ma oltre una certa soglia acceca o induce a eccessive semplificazioni. La mente è di solito in difficoltà quando incontra una realtà che resiste alla nostra comprensione. Scopriamo allora di essere fragili e incompiuti, il che può indurci appunto alla semplificazione, anche estrema. Ogni tanto, per fortuna, riusciamo a capire meglio il presente, e solo la conoscenza ci può aiutare a vincere i timori. Oggi, però, prevale chi riduce tutto ai minimi termini per terrorizzare gli altri ed eccitare gli animi verso chiusure di ogni tipo. Disorientati sono pure quanti dovrebbero presidiare le regole istituzionali e tenere la barra dritta proprio in condizioni di crisi. Quando comanda la paura, la semplificazione tende a vincere e tutto si organizza intorno alla ricerca di colpevoli e capri espiatori. L’unica forma di elaborazione diventa l’attacco agli altri, la colpevolizzazione di qualcuno. Oggi il tema della sicurezza tende a proporsi, vedi recentemente a Trento, come chiusura per affrontare la paura. Che richiede rispetto: dev’essere ascoltata e non negata. Siamo purtroppo di fronte a due atteggiamenti prevalenti e entrambi problematici nelle conseguenze: o si usa la paura con linguaggi troppo semplificati, per ottenere consenso facile eccitando gli animal spirits della gente; o si minimizza e si snobba il disagio e le difficoltà derivanti dalla crisi di vivibilità della città. A farci difetto è un disegno della vita urbana, una strategia distintiva in grado di offrire un riconoscimento del senso e del significato della città e di generare progetti di vivibilità in ognuna delle sue aree. Un disegno che somigli a quanto espresso recentemente dall’impegno di un architetto come Alessandro Franceschini che, nel volume pubblicato insieme a Marika Giovannini del Corriere del Trentino, evidenzia alcune possibilità concrete di evoluzione della qualità della vita a Trento. Tra rigenerazione dell’architettura esistente, valorizzazione del verde, mobilità sostenibile e progettazione in grado di innalzare la percezione di sicurezza, dal lavoro di Franceschini emergono proposte da discutere. Che si discutano però, con un senso di futuro, mentre si attraversa un presente non facile per la qualità della vita urbana. Ci vuole per questo una dote che John Keats nel 1917 chiamò capacità negativa: «Quella capacità che un uomo possiede se sa perseverare nelle incertezze, attraverso misteri e dubbi, senza lasciarsi andare a un’agitata ricerca di fatti e ragioni».