Le memorie di Franz Thaler accolte nell’Archivio storico «Un grande valore umano»
BOLZANO «Dimenticare Mai». È il titolo del libro scritto da Franz Thaler ma anche una precisa missione di vita.
Deportato a Dachau ed Hersbruck nel 1944 a 19 anni per non aver accettato di arruolarsi nell’esercito tedesco (e per salvare la propria famiglia), Thaler non ha mai dimenticato quell’orrore. Più che altro si è speso perché non la dimenticassero gli altri. Soprattutto i più giovani. Così ha iniziato una raccolta di libri, lettere, articoli di giornale, video e testimonianze sulla deportazione. Storia locale e internazionale intrecciate in una biblioteca che è arrivata a contare 190 pubblicazioni e 1.700 missive. Una mole di materiale prezioso che Patrick Gamberoni, docente delle facoltà di storia ad Innsbruck e residente ad Appiano, ha catalogato. A quel punto tutti gli scritti sono stati donati dalla famiglia all’Archivio Storico di Bolzano. Un gesto celebrato ieri con una conferenza stampa alla presenza delle figlie di Thaler, Lini e Brigitte.
«Molti di questi volumi — spiega la responsabile dell’archivio storico comunale Carla Giacomozzi — non sono stati più stampati dalle case editrici. Rappresentano dei testi fondamentali che altrimenti andrebbero perduti. Così saranno sempre a disposizione». Ad inoltrarsi nel mondo di Thaler, dunque, è stato Gamberoni. «Al di là dell’evidente valore storico del fondo devo, ammettere di essermi emozionati. Leggere alcune sue lettere, vivide ed intense, mi ha toccato profondamente. Oltre ad un lavoro di ricerca ho potuto affrontare un percorso umano di spessore incredibile». La giunta comunale aveva già formalmente accettato la donazione e, da ieri, è a disposizione di tutti. Doveroso il riconoscimento del Comune al fondo come «oggetto culturale del mese».
Il percorso di lotta per la libertà di Thaler iniziò nel 1939 quando la scelta del padre di non optare per la cittadinanza tedesca emigrando lo costrinse all’esclusione dalle lezioni scolastiche. Nel maggio del 1944 (diciannovenne, ma ancora
minorenne all’epoca) ricevette la cartolina per arruolarsi nella Polizeiregiments
Schlanders ma si diede alla fuga in montagna. I tedeschi minacciarono di punire la famiglia per diserzione. Il padre lo implorò di costituirsi, lui lo fece senza esitare. Processato dalla corte marziale, essendo minorenne, non fu condannato a morte ma a dieci anni di detenzione e lavori forzati nella squadra costruzioni del campo di Hersbruck. Il 29 aprile 1945 i francesi liberarono l’area ma fu trasferito in un campo di prigionia transalpino perché scambiato per una SS: si era infatti appropriato della divisa di uno di loro. Chiarito l’equivoco, tornò nella sua Sarentino dove iniziò a scrivere le memorie pubblicate poi nel 1989. Il suo lavoro era di artigiano pellettiere e nel 2010 è stato insignito della cittadinanza onoraria di Bolzano. Morì il 29 ottobre 2015 a 90 anni. L’anno scorso, invece, il Planetarium altoatesino gli ha intitolato un asteroide nel sistema solare. -