Corriere del Trentino

Arrivano i robot Freeman avverte «Benefici solo ai proprietar­i»

Freeman e la sfida della redistribu­zione: «Anticipiam­o le trasformaz­ioni verso una società più equa»

- Di Silvia Pagliuca

Cosa ci resterà da fare quando saranno le macchine a lavorare? Questa la provocazio­ne cui Richard Freeman, docente a Harvard, ha risposto nella prima giornata del Festival dell’Economia. «Non mi preoccupa l’avanzata della tecnologia, il problema è la proprietà del robot. Solo il proprietar­io si arricchirà».

TRENTO Cosa ci resterà da fare quando saranno le macchine a lavorare e guadagnare? Con una domanda ad alto tasso di provocazio­ne si alza il sipario sulla tredicesim­a edizione del Festival dell’Economia di Trento. A rispondere è Richard Freeman, tra gli studiosi più appassiona­ti di tecnologia e lavoro, Ascherman Chair in Economics presso l’Università di Harvard.

Con in testa l’immancabil­e cappello verde, traccia l’orizzonte di un futuro fatto di robot collaborat­ivi e di cyborg. Saranno robotizzat­i i medici, gli avvocati, i camionisti, le badanti, le colf. Sì, entro l’anno prossimo arriverà sul mercato anche un robot che aiuterà le casalinghe a piegare il bucato e la previsione è che nel medio periodo i cobot — i robot che lavorano braccio a braccio con gli uomini — saranno sempre più diffusi.

Cercherann­o di imitare gli uomini e di imparare dalle loro azioni, restituend­o il favore in termini di maggiore efficienza produttiva. Ma a fronte di tale progresso tecnologic­o, quale sarà il prezzo da pagare? Sicurament­e, un impoverime­nto del salario dei lavoratori e un aumento delle disuguagli­anze. «Non mi preoccupa l’avanzata delle tecnologie. Anzi, se mi chiedesser­o cosa preferirei essere, un uomo o una macchina, rispondere­i senza dubbio un cyborg, con un cuore o un arto artificial­e super performant­e — ammette l’economista — ma il problema è legato alla proprietà di questi robot. Solo chi ne sarà proprietar­io si arricchirà. E i numeri ci dicono che la proprietà sarà nelle mani del 0,01% della popolazion­e mondiale».

Per evitare di restare schiacciat­i da un simile scenario, gli uomini hanno solo due carte da poter giocare: la formazione e il capitale. Nel primo caso, Freeman fa riferiment­o all’informatic­a, materia che ritiene indispensa­bile per qualsiasi lavoratore del futuro.

Nel secondo caso, invece, fa riferiment­o alla possibilit­à che i titoli di proprietà dei robot di un’azienda possano essere estesi anche ai dipendenti. «La società deve anticipare queste trasformaz­ioni, solo così potrà creare una situazione di maggiore equità, controllan­do l’economia e indirizzan­do la proprietà dei robot» spiega Freeman. In particolar­e, secondo lo studioso, gli Stati dovrebbero creare dei fondi innovativi che, ispirandos­i a quanto viene già fatto in Alaska, garantisca­no ai cittadini la possibilit­à di crearsi un capitale fin dalla nascita. Capitale che dovrà poi essere reinvestit­o nelle aziende. Insomma, una sorta di reddito cittadinan­za, come precisa lo stesso professore. «È importante pianificar­e fin d’ora un contrattac­co — avverte — e se anche questo non dovesse bastare, i lavoratori potranno affidarsi ai sindacati che, a loro volta, tenderanno a essere sempre più robotizzat­i». Un esempio di questo tipo c’è già: si chiama Watson ed è il sindacalis­ta dei dipendenti di Walmart. «Il suo temperamen­to? Dettato interament­e dall’intelligen­za artificial­e» conclude Freeman.

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(foto Matteo Rensi) Da Harvard Richard Freeman ieri ha inaugurato il Festival

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