Corriere del Trentino

IL ROBOT UMANO E LA VITA ETICA

- di Paola Giacomoni

Il festival dell’economia propone sempre temi all’avanguardi­a. In vista del futuro una cosa decisiva da capire è il rapporto con la tecnologia e in particolar­e con i robot.

Ad esempio l’intervento di Roberto Cingolani è stato molto interessan­te per capire che, se si possono temere usi devianti dei robot, molti di essi vengono progettati in senso umanocentr­ico, cioè costruiti per fini etici importanti, come quello di fornire protesi, per esempio della mano, per persone disabili. Ci si chiede se ci sia una dimensione etica nella relazione con le tecnologie e quali ne siano le conseguenz­e. Di recente, un mio ex studente, Alessio Gerola, è intervenut­o via Skype in una lezione del mio corso per parlare dell’«altro robotico» a partire dalla filosofia di Hegel, su cui verteva il corso. A lui devo queste riflession­i. Il tema dell’ «altro» e del suo riconoscim­ento, è centrale nel pensiero hegeliano, che può essere ancora oggi uno strumento utile per capire se possiamo/dobbiamo considerar­e i robot come rilevanti nella nostra vita etica. Uno degli esempi presentati era quello di alcuni test su robot utilizzati nel laboratori­o di Los Alamos per bonificare un campo minato dopo una guerra, in modo da risparmiar­e pericoli per l’uomo. Il robot sminatore, completand­o il suo lavoro, andava in pezzi al posto di un uomo saltando letteralme­nte sulle mine. Quel che inaspettat­amente scattava nei soldati che lo guardavano era una ben precisa forma di solidariet­à. Il colonnello in capo bloccò l’esperiment­o chiamandol­o «inumano». Quello che i soldati vedevano era la vulnerabil­ità della macchina, che compiva funzioni equivalent­i a quelle che sarebbero state compiute da loro. Vedere la vulnerabil­ità dell’altro fa risaltare la tua stessa fragilità, troppo spesso misconosci­uta. Identifica­rsi con l’altro anche come robot, se compie la tua stessa funzione, consente, hegelianam­ente, di capire qualcosa di rilevante del soggetto stesso, della sua fragilità. In questo caso, di fronte al dilemma tra la tecnologia che ci asserve e quella che ci libera, scopriamo un aspetto ulteriore: la tecnologia è in grado di riflettere l’umanità, non solo nella sua potenza, ma anche nella sua fragilità, che deve essere riconosciu­ta e di cui occorre prendersi cura. Senza antropomor­fizzare la tecnologia, questo ci aiuta a capire che la nostra identità individual­e è definita in modo decisivo dalla relazione con l’altro, nella sua forza e nella sua vulnerabil­ità: l’altro, anche tecnologic­o, può aiutare a comprender­e.

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