IL ROBOT UMANO E LA VITA ETICA
Il festival dell’economia propone sempre temi all’avanguardia. In vista del futuro una cosa decisiva da capire è il rapporto con la tecnologia e in particolare con i robot.
Ad esempio l’intervento di Roberto Cingolani è stato molto interessante per capire che, se si possono temere usi devianti dei robot, molti di essi vengono progettati in senso umanocentrico, cioè costruiti per fini etici importanti, come quello di fornire protesi, per esempio della mano, per persone disabili. Ci si chiede se ci sia una dimensione etica nella relazione con le tecnologie e quali ne siano le conseguenze. Di recente, un mio ex studente, Alessio Gerola, è intervenuto via Skype in una lezione del mio corso per parlare dell’«altro robotico» a partire dalla filosofia di Hegel, su cui verteva il corso. A lui devo queste riflessioni. Il tema dell’ «altro» e del suo riconoscimento, è centrale nel pensiero hegeliano, che può essere ancora oggi uno strumento utile per capire se possiamo/dobbiamo considerare i robot come rilevanti nella nostra vita etica. Uno degli esempi presentati era quello di alcuni test su robot utilizzati nel laboratorio di Los Alamos per bonificare un campo minato dopo una guerra, in modo da risparmiare pericoli per l’uomo. Il robot sminatore, completando il suo lavoro, andava in pezzi al posto di un uomo saltando letteralmente sulle mine. Quel che inaspettatamente scattava nei soldati che lo guardavano era una ben precisa forma di solidarietà. Il colonnello in capo bloccò l’esperimento chiamandolo «inumano». Quello che i soldati vedevano era la vulnerabilità della macchina, che compiva funzioni equivalenti a quelle che sarebbero state compiute da loro. Vedere la vulnerabilità dell’altro fa risaltare la tua stessa fragilità, troppo spesso misconosciuta. Identificarsi con l’altro anche come robot, se compie la tua stessa funzione, consente, hegelianamente, di capire qualcosa di rilevante del soggetto stesso, della sua fragilità. In questo caso, di fronte al dilemma tra la tecnologia che ci asserve e quella che ci libera, scopriamo un aspetto ulteriore: la tecnologia è in grado di riflettere l’umanità, non solo nella sua potenza, ma anche nella sua fragilità, che deve essere riconosciuta e di cui occorre prendersi cura. Senza antropomorfizzare la tecnologia, questo ci aiuta a capire che la nostra identità individuale è definita in modo decisivo dalla relazione con l’altro, nella sua forza e nella sua vulnerabilità: l’altro, anche tecnologico, può aiutare a comprendere.