«La direzione del governo non è giusta»
Giovannini: «Reddito di cittadinanza, rischio assistenzialismo»
Nella lista dei ministri TRENTO — mai presentata a Mattarella — del governo tecnico a guida Cottarelli, ci sarebbe stato con molta probabilità il nome di Enrico Giovannini. Lo statistico, ex presidente dell’Istat, oggi promotore dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile e membro della Commissione mondiale sul futuro del lavoro, aveva già ricoperto il ruolo di ministro del lavoro e delle politiche sociali nel governo Letta. Un passo indietro del Presidente del Consiglio incaricato ha invece lasciato spazio a quello che si definisce governo del cambiamento.
Giovannini, ritiene anche lei che l’Italia avesse bisogno di un governo politico più che di un governo tecnico?
«Diversi paesi hanno fatto scelte decisive, tra politiche sovraniste e protezionistiche o politiche sostenibili e in una cornice globale. Ora è bene che anche l’Italia prenda una posizione, adottando una visione di lungo periodo. Appoggio la scelta di Cottarelli di farsi da parte e lasciare a un governo politico la possibilità di andare in questa direzione, nonostante a mio parere non sia quella giusta. Credo che la visione di cui avrebbe bisogno l’Italia non sia presente in molti punti del contratto».
Alcune proposte contenute nel contratto Lega-M5s non sono in armonia con il principio di sviluppo sostenibile. Con questo governo il Paese uscirà dai binari tracciati dagli obiettivi mondiali di sviluppo sostenibile? «Come Asvis abbiamo proposto alle forze politiche di adottare un decalogo di obiettivi per un futuro sostenibile, a partire dall’inserimento del principio di sviluppo sostenibile in costituzione. Il M5s ha approvato il testo, Lega e Fratelli d’Italia no. Quindi bisognerà vedere quale delle forze della maggioranza riuscirà a prevalere su questo tema cruciale».
Al Festival dell’Economia di Trento si parla di tecnologia e tavoro. L’Italia è pronta a sostenere la svolta apportata dalla rivoluzione tecnologica?
«Nel breve periodo, ci aspettano una transizione complessa e cambiamenti che metteranno sotto stress i sistemi di welfare e il mercato del lavoro. L’Italia non è ancora pronta. L’investimento italiano nella formazione dei lavoratori a nuove professioni è molto inferiore rispetto a quello di altri paesi». Il M5s ha fatto della riforma dei centri per l’impiego uno
dei suoi temi clou.
«Ha capito che sono il tassello cruciale per l’applicazione del reddito di cittadinanza». Qual è il suo giudizio sul reddito di cittadinanza?
«Un reddito che crea resilienza e obbliga a rimettersi in gioco — non quello promosso dai cinquestelle — è uno strumento di lotta alla povertà e un incentivo alla mobilità sociale. Nel 2013 avevamo già avviato una sperimentazione utilizzando il Sia (Sostegno per l’inclusione attiva). La discussione successiva si è concentrata solo sulla parola reddito, in riferimento a un assistenzialismo passivo».
La visione di cui necessita l’Italia manca in parte del contratto Abbiamo promosso un testo sulla sostenibilità Solo il M5s l’ha firmato