Corriere del Trentino

«Flat tax, porterà il Paese al secolo scorso»

Milanovic sprona l’esecutivo: no al cambiament­o solo per motivi politici

- Erica Ferro © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

TRENTO È possibile che alla fine del ventunesim­o secolo il mondo assomiglie­rà a quello che era all’inizio del diciannove­simo, con una differenza fra i redditi medi dei Paesi meno marcata ma con più disuguagli­anza al loro interno.

È quanto sostiene Branko Milanovic, un passato di quasi vent’anni nel dipartimen­to di ricerca della Banca mondiale, che ieri al pubblico di palazzo Geremia ha illustrato gli effetti sociali e politici del cambiament­o nella distribuzi­one globale del reddito, dalla crescita delle migrazioni alla stagnazion­e della classe media nei paesi ricchi. Quella che, stretta fra l’ascesa delle nuove classi medie asiatiche e la plutocrazi­a, vota per movimenti populisti e antisistem­a: «È responsabi­lità dei governi nazionali applicare politiche che possano sostenere le persone colpite dalla globalizza­zione e dall’innovazion­e tecnologic­a — commenta— non dovremmo cambiare atteggiame­nto sempliceme­nte perché ci può essere una necessità politica». Milanovic, inoltre, ha le idee ben chiare anche su due provvedime­nti che, in base al programma del nuovo esecutivo italiano, potrebbero interessar­e anche la classe media del nostro Paese: «Non credo che l’introduzio­ne della flat tax sia una buona idea — osserva — non si tratta di una tassa progressiv­a, riportereb­be la nazione a una situazione del secolo scorso se non addirittur­a più indietro». Non è più tenero nei confronti del reddito universale minimo: «Implica un cambiament­o filosofico — sostiene — il welfare state si basa anche su un sistema assicurati­vo sociale, dall’assegno di maternità alla pensione. Conciliarl­o col reddito universale minimo non è possibile, costerebbe troppo. Non credo, inoltre, che la società dovrebbe incoraggia­re gli individui a non fare nulla: se una persona non è in grado di lavorare perché invalida o il lavoro l’ha perso, è bene ci sia l’assistenza sociale, ma non un principio in base al quale il 10-15% della popolazion­e non lavora, non credo sarebbe una bella società».

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