«Flat tax, porterà il Paese al secolo scorso»
Milanovic sprona l’esecutivo: no al cambiamento solo per motivi politici
TRENTO È possibile che alla fine del ventunesimo secolo il mondo assomiglierà a quello che era all’inizio del diciannovesimo, con una differenza fra i redditi medi dei Paesi meno marcata ma con più disuguaglianza al loro interno.
È quanto sostiene Branko Milanovic, un passato di quasi vent’anni nel dipartimento di ricerca della Banca mondiale, che ieri al pubblico di palazzo Geremia ha illustrato gli effetti sociali e politici del cambiamento nella distribuzione globale del reddito, dalla crescita delle migrazioni alla stagnazione della classe media nei paesi ricchi. Quella che, stretta fra l’ascesa delle nuove classi medie asiatiche e la plutocrazia, vota per movimenti populisti e antisistema: «È responsabilità dei governi nazionali applicare politiche che possano sostenere le persone colpite dalla globalizzazione e dall’innovazione tecnologica — commenta— non dovremmo cambiare atteggiamento semplicemente perché ci può essere una necessità politica». Milanovic, inoltre, ha le idee ben chiare anche su due provvedimenti che, in base al programma del nuovo esecutivo italiano, potrebbero interessare anche la classe media del nostro Paese: «Non credo che l’introduzione della flat tax sia una buona idea — osserva — non si tratta di una tassa progressiva, riporterebbe la nazione a una situazione del secolo scorso se non addirittura più indietro». Non è più tenero nei confronti del reddito universale minimo: «Implica un cambiamento filosofico — sostiene — il welfare state si basa anche su un sistema assicurativo sociale, dall’assegno di maternità alla pensione. Conciliarlo col reddito universale minimo non è possibile, costerebbe troppo. Non credo, inoltre, che la società dovrebbe incoraggiare gli individui a non fare nulla: se una persona non è in grado di lavorare perché invalida o il lavoro l’ha perso, è bene ci sia l’assistenza sociale, ma non un principio in base al quale il 10-15% della popolazione non lavora, non credo sarebbe una bella società».