Gig worker, in Italia sono un milione Le battaglie: salario minimo e tutele
Lo studio Inps: per 150.000 è il lavoro principale. Fana: «Mondo cottimizzato»
TRENTO Consegnano pasti a domicilio in scooter o bicicletta, fanno le babysitter, offrono passaggi in automobile, mettono a disposizione un appartamento o gestiscono le prenotazioni per quelli di altri. L’1,87% dei lavoratori italiani sono «Gig worker», freelance che svolgono il proprio mestiere su chiamata attraverso piattaforme virtuali che organizzano le relazioni tra domanda e offerta.
A fornire il dato più aggiornato su questo mondo complesso è stato ieri il professore di Scienze politiche dell’università Roma Tre Paolo Naticchioni illustrando un rapporto condotto per l’ufficio studi Inps. In termini assoluti si parla di un numero compreso fra 700.000 e 1 milione di persone, per 150mila delle quali questo lavoro rappresenta la prima fonte di reddito. Il resto è composto da circa 335mila dipendenti che lo svolgono come secondo lavoro, 100mila autonomi e altri 110mila disoccupati. Circa 10.000 lavorano sono «pony expres» e sono in media under 30, ma negli altri campi l’età media è compresa fra 30 e 50 anni.
La metà lavora da 1 a 4 ore settimanali, il 20% tra 5 e 9. Mediamente guadagnano 12 euro lordi all’ora ma il 25% ne porta a casa meno di 5 e il 50% meno di 10. Tutto ciò si traduce in un compenso mensile lordo pari a 839 euro per chi svolge questi compiti come lavoro principale e in 343 euro per coloro i quali rappresenta un secondo impiego.
Freddi numeri che si umanizzano quando entrano in gioco temi come la soddisfa- zione lavorativa, i desideri e le tutele. Solamente il 34% di loro conosce la forma contrattuale che regola il loro rapporto di lavoro: per il 10% è il Cococo, il 47,6% è un lavoratore occasionale e il 21,5 a chiamata. Poco meno del 15% si dice «molto soddisfatto» di lavorare così e la stessa percentuale dice il contrario. Il 45%, la fetta più grossa, confessa una soddisfazione «nella media».
La felicità espressa da buona parte dei Gig workers sono però solo apparenti secondo Marta Fana, phD in Economia SciencesPo a Parigi e autrice di «Non è lavoro, è sfruttamento». «Ci troviamo di fronte a un mondo cottimizzato, contro il quale nel Novecento è stata combattuta la maggiore battaglia dei lavoratori» sottolinea l’autrice, secondo la quale «la flessibilità piace perché è necessaria a incastrare gli impegni con altri lavori» e di conseguenza si accetterebbero tali impieghi partendo da una condizione «di bisogno, di ricattabilità».
«Il titolare della piattaforma online di lavoro è tenuto a interfacciarsi con l’Inps in funzione dei vari pagamenti assicurativi» ha aggiunto il giurista ed ex parlamentare Pietro Ichino, che ricorda di aver presentato un disegno di legge per regolamentare anche questi nuovi lavori a partire dal salario minimo. È questo infatti, insieme alle tutele, uno dei temi sui quali secondo il professore si giocherà il confronto tra le parti.
Gli imprenditori del settore, rappresentati ieri da Matteo Sarzana di Deliveroo e Gianluca Cocco di Foodora, hanno spiegato di aver già provveduto non solo ad applicare formule contrattuali che prevedono tutele e contributi pensionistici, ma anche a stipulare degli accordi privati con agenzie assicurative per proteggere i loro «rider».
1,87 Per cento
I Gig worker tra i lavoratori italiani
12 Euro
Il compenso orario medio lordo
839 Euro
Lo stipendio lordo se è il primo lavoro