CAMMINARE NELLA STORIA La Madonna di Tione Baschenis di Averaria
«La tua destra, Apelle, non fece queste pitture, né fu un minore dell’arte di pallade, [le] dipinse Simone Baschenis di Averaria, uomo che [tale] opera sollevò dai confini [terreni] agli astri». Così l’epigrafe sul pilastro della chiesa di Santa Maria Assunta a Tione: di questa pittura, che doveva ricoprire il presbiterio, rimane una Madonna col Bambino (1518), ma tanti sono gli affreschi che Simone e gli altri esponenti della «dinastia» Baschenis lasciano nel Trentino occidentale. Originari della Valle Averaria nel bergamasco, tra il 1461 e il 1544 si spostano nella Valle dei Laghi, nelle Giudicarie, nelle valli di Sole e di Non. Sono dieci i Baschenis comprovati in Trentino: Antonio e il fratello Angelo, Giovanni e Battista figli di Antonio, Cristoforo (I), Dionisio e Simone (I) figli di Cristoforo, Cristoforo (II) figlio di Simone (I), Simone (II) figlio di Cristoforo (II), Filippo, figlio di Simone (II). Dopo Simone (II), il più «rinascimentale», i Baschenis non camminano più in terre trentine ma rimangono in quelle lombarde; l’ultimo e il più famoso rappresentante è Evaristo, pittore e sacerdote, noto per i quadri dedicati a strumenti musicali a corda, morto nel 1677.
I «nostri» non entrano dunque mai nelle «corti urbane», non ricevono la committenza dei principi vescovi: si accontentano di venir chiamati dalle genti dei paesi per affrescare le loro chiese, oppure da qualche nobilotto di periferia desideroso di legare il proprio nome a un dipinto devozionale. I Baschenis, che trovano di volta in volta alloggio presso le comunità, ricambiano mostrando al popolo lo spettacolo della «Bibbia dei poveri», un repertorio ripetitivo di immagini agiografiche che spesso si mescola ai volti dei popolani, a conferma della solidarietà economica e culturale tra abitanti e artisti. Spostandosi a piedi e col carro nelle vallate, Simone Baschenis — così come suo padre e ancora prima suo nonno — è affiancato dal figlio che inizialmente si occupa di lavori manuali come macinare i colori di terra, pulire pennelli, mantenere ordine in una spesso improvvisata bottega-cantiere.
L’apprendistato prosegue nell’imparare a trasferire le composizioni più semplici dal cartone «al fresco», per passare poi alla dipintura di panneggi e decorazioni a stampo; alla fine, il giovane può finalmente cimentarsi nell’esecuzione di intere opere sulla traccia di semplici schizzi e indicazioni verbali, sempre se nel frattempo non è giunto il momento di rimettersi in cammino. Può capitare che qualche garzone locale sia particolarmente portato alla pittura, ma è difficile che questi segua gli itineranti Baschenis nella successiva commissione, preferendo piuttosto aprire una propria bottega, volta a ripetere (magari con scarsa originalità) l’esperienza iniziale.