«Drodesera», l’orchestra Haydn come antipasto
Ferrario: «La sua musica è attuale e contemporanea»
Nel suo 38esimo anno di vita Festival Drodesera si espande, conquista altri territori in termini di spazio, arte e tempo. Dopo aver indagato il teatro in spazi non deputati (la centrale idroelettrica di Fies sul Sarca è dal 2002 sede del festival) e le connessioni tra i linguaggi dedicato alle nuove arti performative, «Drodesera» decide di allargare il suo sguardo oltre la settimana del festival. Per l’edizione 2018, in programma dal 20 al 28 luglio, la direttrice artistica Barbara Boninsegna e il co-curatore Filippo Andreatta hanno deciso di far precedere il festival da due anticipazioni. La prima sarà martedì 12 giugno, alle 21, con lo spettacolo musicale Curon/Graun di OHT che porterà per la prima volta l’Orchestra Haydn di Trento e Bolzano nella centrale idroelettrica sul Sarca. Seguirà il 7 luglio l’inaugurazione della mostra antologica di Giovanni Moribin a cura del critico Denis Isaia con la performance A perdifiato.
Curon / Graun - Storia di un villaggio affogato è il progetto vincitore del premio OPER.A 20.21 Fringe indetto dall’Orchestra Haydn: un’audace installazione musicale del collettivo OHT che narra della storia di Curon, paesino della Val Venosta sommerso a seguito della costruzione di una diga.
«L’attenzione del festival, quest’anno come non mai, è riferita al territorio nel quale viviamo e alle connessioni tra luogo e persone», spiega Barbara Boninsegna. E Curon/
Graun rappresenta uno splendido esempio di come la storia locale possa ispirare l’arte.
L’idea trae ispirazione da un fatto storico particolarmente doloroso e noto: la costruzione della grande diga che, separando i laghi di Resia e Curon da quello di San Valentino alla Muta, causò la sommersione dell’abitato di Curon. A monito di questa vicenda resta ancora oggi il campanile medievale che spunta dal Lago di Resia.
Lo spettacolo, che ha debuttato a Trento a febbraio, si configura
come un’opera di teatro musicale su composizioni dell’estone Arvo Pärt.
OHT — costituito da Filippo Andreatta regia, Paola Villani scene, William Trentini luci, e Armin Ferrari video — suddivide in quattro parti lo spettacolo, che parte dai rintocchi fantasmi del campanile attraverso una narrazione rallentata: le prime tre sequenze, accompagnate dalla tre differenti versioni della composizione
Fratres (per quartetto d’archi, orchestra d’archi e violino solista) raccontano la vicenda storica da differenti punti di vista, mentre per l’ultima, che vede la materializzazione della torre campanaria, è stato scelto Cantus in memory of Benjamin Britten.
«La musica di Pärt è al tempo stesso profondamente contemporanea e fuori dal tempo: grazie a un’opera di scarnificazione il compositore arriva all’essenza della musica, creando opere matematicamente rigorose ma ugualmente capaci di emozionare. In questo si riconosce un grande musicista», spiega Stefano Ferrario, violino solista alla guida dell’Orchestra Haydn e curatore musicale dell’intero progetto.
Un’opera originale e innovativa, ma al contempo in grado di scavare nell’emotività e nella forza della memoria storica.
Il direttore L’opera è divisa in 4 Esordio con i rintocchi del campanile
Facendo un lavoro di scarnificazione il compositore crea melodie rigorose