IL SEGNALE CHE ARRIVA DA MARINA
Lo schiaffo, metaforicamente parlando, è arrivato venerdì dalla Cooperazione: dopo 123 anni una donna guiderà il movimento che fu di don Guetti. Un cambio di passo epocale all’interno di un mondo che per un lungo tratto di strada ha vissuto in simbiosi con la politica. Si badi bene che non è in discussione il rapporto Cooperazione-realtà istituzionali, piuttosto il metodo che ha governato una simile liaison. Una sovrapposizione di ruoli che ha finito per annullare anche i più piccoli spazi di un sano contraddittorio.
Ma attenzione: quel legame è sempre andato bene a tutti, ne è stato l’asse portante su cui è fiorita una gestione del consenso capillare, dove il potere centrale si alimentava grazie ai voti della periferia. Una rete di rapporti legittima ma troppo sovraesposta, che con l’andare del tempo, dentro alla Cooperazione, ha creato logoramento, spingendo verso l’alto la voglia di voltare pagina. Di quella rinascita riformista, complicata e niente affatto scontata, Marina Mattarei oggi ne è l’emblema. E la politica? Ha nicchiato davanti al maquillage cooperativo. Chiusa l’era di Lorenzo Dellai, il Patt di Ugo Rossi ha provato a tirare le fila, ma con scarso successo.
Ecco, della determinazione che ha incoronato al di là di ogni più rosea aspettativa Marina Mattarei ce ne vorrebbe un po’ per animare il centrosinistra autonomista, ormai prigioniero di se stesso e dilaniato da una serie di veti incrociati.
Alla fine, la coalizione individuerà l’uomo a cui affidare le chiavi di Piazza Dante. Altrettanto scontato, ormai, che sarà nuovamente l’attuale presidente Rossi. Un governatore, però, indebolito da una campagna di vera delegittimazione. Una scelta rabberciata all’ultimo momento, il cui sapore di precarietà non sfugge certo ai palati più fini. Il rischio di pagare un prezzo molto alto il 21 ottobre è dietro l’angolo. Il continuo rinviare le decisioni per rincorrere inutili visibilità personali ha prodotto confusione dando l’impressione di navigare a vista. La verità è che l’esito elettorale del 4 marzo non è stato ancora metabolizzato. Quando c’era la necessità politica di fare quadrato, rassicurando gli elettori del centrosinistra che il vento nazionale non avrebbe trovato terreno fertile in loco, l’intesa ha iniziato a scricchiolare. Ha avuto così inizio una sorta di processo molto curioso con imputato principale Ugo Rossi e nei panni della pubblica accusa coloro che hanno vissuto fianco a fianco al leader autonomista in questi cinque anni. Una resa dei conti interna senza esclusioni di colpi che sta ricompattando un centrodestra che in Trentino, nonostante il vento della vittoria nazionale, aveva comunque palesato talune difficoltà nel dare vita a una larga alleanza. Per il centrosinistra, piaccia o meno, un pesante autogol.