Corriere del Trentino

Il match dalla curva tra superstizi­oni e maglie larghe

Atmosfera elettrica, sotto il profilo del tifo il divario è ampio. Alla fine «we die hard»

- di Marika Giovannini

La serata inizia accanto al chioschett­o dei panini, a lato del parcheggio della Blm Group Arena. Una birretta, un boccone, un saluto agli amici e poi via, verso l’entrata. Un brivido mi percorre la schiena: quest’anno, di partite, ne ho viste parecchie dalla curva del palazzetto. Ma questa volta è diverso. Questa volta vale un po’ di più. È la finale. E che finale. Veniamo da due sconfitte al Forum contro una Milano pressoché perfetta. E il ritorno a casa dei nostri ha un sapore forte. Non solo perché è il primo match in via Fersina della serie. Ma anche perché, in un certo senso, è un passaggio decisivo. Guardando le statistich­e — che valgono fino a un certo punto, ma alla fine le si consulta sempre — solo una volta, finora, una squadra è riuscita a ribaltare uno svantaggio di due a zero in finale. Era il 2015 e Sassari riuscì a riaprire la serie per poi aggiudicar­si il titolo in gara 7 contro Reggio Emilia. Un precedente esiste: è già una buona cosa.

Entro nell’Arena. Lo spettacolo è quello di sempre. Ma l’atmosfera è elettrica. Le tribune sono tutte colorate di bianco: in tanti si sono presentati con le magliette distribuit­e durante le prime fasi dei playoff (la mia era extra-large: ho rimediato con una t-shirt bianca). E già si intonano i primi cori. Ci vuole. Questa volta, davvero, c’è bisogno di urlare a tutta voce.

Cerco il mio posto, in cima alla curva Aquila, attaccata alla balaustra. Un pizzico di scaramanzi­a, in questi casi, ci sta. Occupato. Brutto segno, penso. Ma scaccio subito le nuvole e agguanto un posto poco lontano. L’Arena è una bolgia. Bandierine bianconere sventolano ovunque, il tifo accompagna ogni azione. I cori non smettono un attimo. Ed è giusto così: «We die hard» anche qui in curva.

I tifosi milanesi cercano di rispondere. Ma siamo quasi quattromil­a. Almeno nel tifo, oggi, non c’è storia.

La partita invece è combattuta. Si soffre. Tutti insieme: squadra, tifosi di sempre e appassiona­ti dell’ultima ora. Due ore in piedi: sono sfinita. Ma ne è valsa la pena.

Abbiamo vinto. Abbiamo piegato la grande Milano con cuore e tenacia. E abbiamo riaperto la serie. Domani si torna qui. E si torna a combattere.

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