LA SOCIETÀ CAMBIA IN FRETTA
Diecimila persone che sfilano a Trento per il Dolomiti Pride sono un fatto capace di raccontare l’evoluzione della società locale assai più di tanti trattati sociologici e di molte fini analisi politiche. È difficile ricordare una simile partecipazione a un corteo sotto i due palazzi di piazza Dante: la più grande manifestazione degli ultimi decenni è stata la Marcia del lavoro del gennaio 1983, che secondo il sindacato aveva mobilitato ventimila persone, ma erano altri tempi caratterizzati da una gravissima crisi occupazionale e dalla forza ancora intatta di Cgil, Cisl e Uil. Da allora, i successi dei raduni si misurano nell’ordine di poche migliaia.
Nella moltitudine gioiosa di sabato, ciò che impressionava era la sua eterogeneità: il popolo lgbt sembrava essere in minoranza tra famiglie tradizionali con bimbi al seguito, giovani fidanzatini, gente di ogni età e di ogni colore politico. Ugo Rossi, ossia il presidente della Provincia che ha negato il patrocinio all’iniziativa contrariamente a quanto hanno fatto il Comune di Trento e la Provincia di Bolzano dell’«amico» Kompatscher, ha dimostrato non solo scarso coraggio, ma soprattutto di non aver compreso come il tema dei diritti civili sia sempre più sentito anche in una comunità fortemente legata alla tradizione. E se il governatore temeva l’esuberanza dei «colori dell’arcobaleno», nessuna paura a essere presenti hanno avuto autorevoli esponenti del suo Patt.
Perché — come ha detto Manuela Bottamedi di Forza Italia — «le libertà non appartengono ad alcuno schieramento, sono patrimonio dell’umanità».
È evidente che, qui come ovunque, c’è chi non è pronto ad accettare la diversità, tuttavia il compito della politica è guidare l’elettorato, non seguirlo ciecamente sperando di intercettarne il consenso. Ancora una volta, la Chiesa si dimostra più avanti, se padre James Martin, nominato da papa Francesco consultore del Segretariato per le Comunicazioni, scrive un libro intitolato «Un ponte da costruire» che l’arcivescovo di Bologna, Matteo Zuppi, nella prefazione definisce «utile a favorire il dialogo, la conoscenza e comprensione reciproca, in vista di un nuovo atteggiamento pastorale da ricercare insieme alle nostre sorelle e fratelli Lgbt». Che il Trentino stia cambiando, come è già stato osservato anche sulle nostre colonne, lo aveva testimoniato l’elezione, proprio il giorno prima del Dolomiti pride, di una donna al vertice della Federazione delle cooperative. La vittoria di Marina Mattarei mi pare sia la prova che una larga parte del Trentino (ma analogo discorso vale per l’Alto Adige/Südtirol) chiede rinnovamento senza salti nel buio né rottamazioni demagogiche: perché se lei non ha mai lesinato le critiche al «sistema», è anche vero che da vicepresidente vicaria di Via Segantini aveva accettato di combattere quel sistema dall’interno, distinguendo il bene e il male fuori da ogni logica di fazione. Insomma, il fine-settimana deve far pensare chi si accinge ad affrontare la prossima sfida elettorale delle provinciali.