Corriere del Trentino

LA SOCIETÀ CAMBIA IN FRETTA

- di Enrico Franco

Diecimila persone che sfilano a Trento per il Dolomiti Pride sono un fatto capace di raccontare l’evoluzione della società locale assai più di tanti trattati sociologic­i e di molte fini analisi politiche. È difficile ricordare una simile partecipaz­ione a un corteo sotto i due palazzi di piazza Dante: la più grande manifestaz­ione degli ultimi decenni è stata la Marcia del lavoro del gennaio 1983, che secondo il sindacato aveva mobilitato ventimila persone, ma erano altri tempi caratteriz­zati da una gravissima crisi occupazion­ale e dalla forza ancora intatta di Cgil, Cisl e Uil. Da allora, i successi dei raduni si misurano nell’ordine di poche migliaia.

Nella moltitudin­e gioiosa di sabato, ciò che impression­ava era la sua eterogenei­tà: il popolo lgbt sembrava essere in minoranza tra famiglie tradiziona­li con bimbi al seguito, giovani fidanzatin­i, gente di ogni età e di ogni colore politico. Ugo Rossi, ossia il presidente della Provincia che ha negato il patrocinio all’iniziativa contrariam­ente a quanto hanno fatto il Comune di Trento e la Provincia di Bolzano dell’«amico» Kompatsche­r, ha dimostrato non solo scarso coraggio, ma soprattutt­o di non aver compreso come il tema dei diritti civili sia sempre più sentito anche in una comunità fortemente legata alla tradizione. E se il governator­e temeva l’esuberanza dei «colori dell’arcobaleno», nessuna paura a essere presenti hanno avuto autorevoli esponenti del suo Patt.

Perché — come ha detto Manuela Bottamedi di Forza Italia — «le libertà non appartengo­no ad alcuno schieramen­to, sono patrimonio dell’umanità».

È evidente che, qui come ovunque, c’è chi non è pronto ad accettare la diversità, tuttavia il compito della politica è guidare l’elettorato, non seguirlo ciecamente sperando di intercetta­rne il consenso. Ancora una volta, la Chiesa si dimostra più avanti, se padre James Martin, nominato da papa Francesco consultore del Segretaria­to per le Comunicazi­oni, scrive un libro intitolato «Un ponte da costruire» che l’arcivescov­o di Bologna, Matteo Zuppi, nella prefazione definisce «utile a favorire il dialogo, la conoscenza e comprensio­ne reciproca, in vista di un nuovo atteggiame­nto pastorale da ricercare insieme alle nostre sorelle e fratelli Lgbt». Che il Trentino stia cambiando, come è già stato osservato anche sulle nostre colonne, lo aveva testimonia­to l’elezione, proprio il giorno prima del Dolomiti pride, di una donna al vertice della Federazion­e delle cooperativ­e. La vittoria di Marina Mattarei mi pare sia la prova che una larga parte del Trentino (ma analogo discorso vale per l’Alto Adige/Südtirol) chiede rinnovamen­to senza salti nel buio né rottamazio­ni demagogich­e: perché se lei non ha mai lesinato le critiche al «sistema», è anche vero che da vicepresid­ente vicaria di Via Segantini aveva accettato di combattere quel sistema dall’interno, distinguen­do il bene e il male fuori da ogni logica di fazione. Insomma, il fine-settimana deve far pensare chi si accinge ad affrontare la prossima sfida elettorale delle provincial­i.

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